Le false promesse della Repubblica Popolare Cinese

Alla fine di settembre si è svolto il Quarto Forum di Pechino sui Diritti Umani. Le notizie sulla conferenza arrivano esclusivamente da parte di agenzie governative cinesi. Non erano presenti osservatori indipendenti.

Hanno partecipato, infatti, 120 rappresentanti di 56 organizzazioni governative. Si è discusso il secondo piano di azione sui diritti umani (National Human Rights Action Plan, NHRAP) del 2012-2015, senza fare riferimento al 2011 e non commentando i risultati del primo piano d’azione del 2009-2010. La Human Rights Watch (HRW) ha pubblicato un rapporto sulle false promesse del regime cinese riguardo al suo piano d’azione 2009-2010. In questo rapporto dettagliato, di 67 pagine, la HRW spiega come tutte le promesse del regime riguardo alle garanzie di diritti sociali, civili, delle minoranze etniche, di donne, bambini, anziani, riguardo la sanità, l’educazione, la libertà religiosa,civile e politica, non si sono in realtà verificate. Il piano d’azione era stato ideato dal Governo per mostrare il progresso della Cina nel rispetto dei diritti umani. Il piano è stato ovviamente promosso dai vari organi di regime come la Xinhua Agency ed i vari servizi d’informazione in inglese come la Xinhua News, la Xinhua China Economic Information Service, la Xinhua electronic news, il Xinhua Business Weekly, il Global Times e il China Daily. Il regime si vanta di avere diminuito la povertà nel paese. Tuttavia, anche se questo è parzialmente vero, è difficile poter controllare le statistiche ufficiali che vengono prodotte da Pechino. Il Human Development Report delle Nazioni Unite per il 2010 conferma che la Cina ha registrato il più alto tasso di sviluppo economico fra i 135 paesi oggetto del rapporto, ma è la 79ma per quanto riguarda il progresso nell’istruzione e nella sanità. La Repubblica Popolare è infatti uno dei dieci paesi dove si registra il minore tasso di iscrizione alla scuola vis à vis i dati del 1970.

Il rapporto della HRW va letto perchè cita un enormità di nomi e documenti che mostrano le menzogne del regime comunista cinese. Eccone alcune.

- La tortura come mezzo per ottenere le confessioni continua imperterrita secondo i rapporti del 2005 e del 2010 di Manfred Novak, incaricato dalla Commissione contro la tortura delle Nazioni Unite. Persistono anche le morti di detenuti. Nel giugno del 2010 il Zhejiang Daily ha riportato la morte di 15 incarcerati in circostanze sconosciute. Tutte le informazioni ed i dati forniti da HRW al Governo Cinese sono stati trattati dallo stesso come “falsità”.

- Procede indisturbata la detenzione illegale in prigioni, in campi di rieducazione (laojiao) e nelle tristemente famose “black jails” di dissidenti e di migliaia di persone che vanno a Pechino per presentare proteste contro le demolizioni ed i sfratti illegali e contro la corruzione. Il rapporto spiega i casi di Gao Zhisheng, Liu Xiaobo, Chen Guangcheng, Zheng Enchong e di molti altri insieme alle prove che confermano ogni caso.

- La pena di morte è ancora comminata per 68 “reati” inclusa la corruzione e l’appropriazione indebita. Il regime si vanta di una diminuzione delle pene capitali di 10% senza pubblicare le statistiche che sono ancora “segreto di Stato”. Amnesty non pubblica più le cifre delle esecuzioni capitali poichè le stesse sarebbero riduttive e la Fondazione Dui Hua denuncia circa 5,000 esecuzioni capitali all’anno;

- Il sistema giudiziario è ancora sotto il diretto controllo del Comitato Legale-Politico del Partito Comunista. Il rapporto denuncia casi di avvocati arrestati, picchiati o che hanno perso la licenza perchè difendevano dissidenti. L’uso indiscriminato di tortura e pestaggi è confermato nei casi dell’avvocato Teng Biao, del Tibetano Karma Samdrup, Huang Qi, Tan Zuoren. La mancanza di protezione legale per cittadini stranieri è stata evidenziata nell’esecuzione del cittadino inglese Akmal Shaikh.

La repressione della libera informazione e la censura del web persistono ed i giornalisti vengono picchiati, arrestati o perdono il lavoro come nel caso di Yang Jie e di Chen Xiaoying. Nel rapporto (pag 32,33) vi è anche una lista di misure prese da governi locali per reprimere la libera informazione.

- Nel campo della sanità il regime nega sistematicamente l’assistenza medica alle migliaia di bambini che soffrono di avvelenamento da piombo industriale o da latte alla melamina. Giornalisti e parenti sono stati picchiati ed arrestati.

- Non è ancora permessa la costituzione di associazioni o sindacati indipendenti come la “Open Constitution Initiative”. Organizzazioni come la “Women’s Legal Research and Service Center” sono regolarmente perseguitate. L’unico sindacato autorizzato è il ACFTU che è controllato dal Partito.

- La censura sussiste per gli eventi che hanno causato il terremoto del Sichuan nel 2008 dove sono morti almeno 7,000 bambini e numerosi avvocati, giornalisti e dissidenti che si occupavano della questione sono stati arrestati: Huang Qi, Zeng Hongling, Liu Shakun, Tan Zuoren ed altri.

- Si protrae la persecuzione contro le minoranze come i Tibetani e gli Uighuri dello Xinjiang nonostante le denuncie delle Nazioni Unite.

- Il regime continua a supportare regimi come il Sudan, la Birmania e lo Zimbabwe e non collabora nelle riunioni di “dialogo sui diritti umani” con le organizzazioni internazionali e nei rapporti bilaterali con gli USA e l’Unione Europea.

- Il discriminatorio sistema del hukou (permesso di residenza) continua. Questo sistema non permette ai 220 milioni di migranti interni ed alle loro famiglie di usufruire di alcun servzio sociale.

- Le demolizioni e gli sfratti illegali persistono grazie alla corruzione e la connivenza fra i responsabili locali del Partito e gli speculatori.

Il rapporto si conclude con una lunga lista di raccomandazioni per il regime cinese.

Consigliamo anche la lettura del Rapporto di Amnesty International (clicca qui per leggere il rapporto).

Redazione

Questo articolo e' stato scritto Giovedì 6 Ottobre 2011 ed archiviato nella categoria Esecuzioni capitali, Imperialismo militare ed economico, Laogai, Libertà di stampa, Persecuzione delle minoranze, Persecuzione religiosa, Tibet.

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