2012 L’ANNO DEL DRAGO

I festeggiamenti per l’anno nuovo, organizzati dall’Ambasciata Cinese a Roma il14 gennaio, sono iniziati con una sfilata di figure allegoriche a Via del Corso, balli in costumi tradizionali, spettacoli di kung-fu. I partecipanti hanno danzato accanto a due dragoni di cartapesta, animati dagli allievi della Federazione Italiana di Wu Shu-Kung Fu. Sotto il Pincio, il dragone, simbolo del capodanno cinese, è stato accolto dal sindaco Alemanno, dal questore Tagliente, dal prefetto Pecoraro e dal ministro Riccardi. Il capodanno, che è stata anche l’occasione per chiudere l’Anno della Cultura Cinese in Italia, ha il particolare significato di festa delle famiglie e della solidarietà sociale. Per questo è stato dedicato al ricordo di Zhou Zheng e della piccola Joy, uccisi a Torpignattara durante una rapina. Oro, rosso, rosa, giallo, bianco, ornamenti blu scintillanti fra luci che sfolgorano e musiche adattate a ritmi occidentali. Non più i cinguettii e i piccoli acuti dell’epoca di Mao. Si è cantato a squarciagola. Tante danze, canzoni ed esibizioni acrobatiche soprattutto del Balletto di Shangai, composto di bambini, subito imitati dai vari piccoli italiani presenti fra il pubblico e dalle loro madri. Grande risalto è stato dato ai monaci Shaolin, perfetti atleti rappresentati da un gruppo di italiani. Grazia, bellezza, agilità, giusto spirito di arti marziali …. tutto ha esaltato l’eccellenza dei protagonisti e la loro trionfante giovinezza, sul palcoscenico e sui due maxischermi laterali. Il presentatore, dotato di soffici capelli insoliti in un asiatico, ad un certo punto ha affermato: “Il Tibet fa parte della Cina quindi è giusto che partecipi a questo capodanno con la danza ‘I servi liberati’ (o qualcosa di simile)”. Allora si è lanciato sul palcoscenico un gruppetto di giganti orientali che ha danzato freneticamente, agitando strisce strette e lunghe di stoffa bianca (ampliamento della khata tibetana?). I particolari del loro aspetto sono stati messi in risalto dai maxischermi. Erano a torso nudo, vestiti di stoffe rosse e nere e recavano una corona di colore bianco, rosso e nero sul capo. Hanno urlato a squarciagola con la bocca rotonda al centro delle loro facce rotonde. Erano molto alti ed atletici come i Tibetani non sono. Avevano la faccia tonda come i Tibetani non hanno. I Tibetani hanno volti affilati, non so se dal proprio DNA o dalle sofferenze patite. Con l’ausilio dei maxischermi mi sono persuasa che non erano Tibetani. Come non furono di Tibetani le foto, spacciate per tali, all’Auditorium un anno fa per l’inaugurazione dell’Anno della Cultura Cinese, nel padiglione che mostrava immagini della Cina e del Tibet, ultimo paradiso. Allora mostrai le foto ad amici tibetani e mi divertii ad indicare io i falsi tibetani fotografati in Tibet, chiedendo se avevo indovinato. E avevo indovinato. Questa volta, a Piazza del Popolo, Mamma Cina ha accorciato i tempi: tutti cinesi quelli che hanno fatto i Tibetani, servi liberati! Perché, però, questo onore di apparire sui maxischermi ai soli finti danzatori del Tibet, con tante altre provincie che la Cina annovera? Forse perché un monaco del Qingai all’età di 42 anni l’8 gennaio 2012 si è cosparso di kerosene e si è dato fuoco. Tulku Sonam Wangyal con il suo corpo di “buddha vivente” è esploso in pezzi, riaprendo la serie dei suicidi di protesta per il nuovo anno. Persone devote e religiosi si oppongono così in Tibet all’oppressione cinese, all’”educazione patriottica”, che forzosamente si continua ad imporre loro, e al “commissariamento dei monasteri”, rinvigorito come la lamaseria di Kirti dalla presenza fisica del Ministro della Pubblica Sicurezza cinese Meng Jianzhou. Una danza-promemoria, una rutilante malcelata intimidazione per i Tibetani questa di Piazza del Popolo? La serata è stata conclusa da uno spettacolo pirotecnico. Che dire della sua modestia? Ho visto di meglio nei paesi a nord di Roma. I cinesi hanno voluto risparmiare? No, la levità e limitatezza di botti , suoni e luci erano in armonia con la chiave di fondo dell’intero pomeriggio: un’oculata discrezione.

Mustela Rixosa

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