Alibaba, Singles Day in Cina? ‘Disastro per il pianeta. Scarso riciclo degli imballaggi’
Secondo il Journal of Environmental & Analytical Toxicology, la giornata dello shopping online per i single ha costi ambientali altissimi. Dati di Greenpeace mostrano che nel gigante asiatico soltanto il 20 per cento del materiale per i pacchi viene recuperato, contro il 60 per cento rilevato negli Usa.
Il Singles Day “è un disastro per il pianeta”. La condanna arriva da uno studio pubblicato sul Journal of Environmental & Analytical Toxicology e ripreso dalla Cnn, secondo il quale la giornata dello shopping online lanciata da Alibaba – che quest’anno ha raggiunto un nuovo record d’incassi con oltre 17 miliardi di dollari – ha costi ambientali altissimi. Il problema sta nella circolazione forsennata di scatole, nastri da imballaggio e altri materiali difficilmente smaltibili. Soltanto durante la celebrazione dell’11/11 – altro nome con cui è nota la “festa dei single” che cade proprio l’11 novembre – i corrieri cinesi hanno trasportato oltre un miliardo di pacchi, il 35 per cento in più rispetto allo scorso anno; circa 657 milioni quelli processati da Cainiao, l’azienda del gruppo Alibaba specializzata nella logistica.
Considerando che la produzione di un miliardo di scatole di cartone richiede l’abbattimento di quasi due milioni di alberi, l’unico modo per attutire gli effetti dannosi di tale circolo vizioso consiste nel riutilizzare o riciclare le montagne di scarti, almeno quando possibile (le scatole che presentano sulla superficie dello scotchnon possono essere riciclate e il nastro da imballaggio contiene materiali plastici che impiegano fino a 100 anni per essere completamente rimossi). I dati tuttavia dimostrano che in Cina il più delle volte i pacchi, una volta scartati, finiscono direttamente nella spazzatura.
Secondo Greenpeace, nel gigante asiatico soltanto il 20 per cento degli imballaggi viene recuperato, contro il 60 per cento rilevato negli Stati Uniti dalla Environmental Protection Agency. La gravità del problema è direttamente proporzionale alle dimensioni del Paese. Dal 2013 la Cina è il primo mercato dell’e-commerce a livello globale. Nel 2014, la Repubblica popolare ha contato per il 34 per cento delle vendite al dettaglio online, con un totale di 14 miliardi di pacchi spediti entro la Grande Muraglia, un 52 per cento in più su base annua. Secondo Greenpeace, il Singles Day– che ormai macina numeri superiori al Black Friday e al Cyber Monday – non fa che incoraggiare le persone “a comprare in maniera irrazionale”, a discapito della salute ambientale.
Da alcuni anni il mondo della ricerca sta tentando di calcolare i pro e i contro degli acquisti in rete, giungendo a conclusioni spesso contrastanti. Se infatti il libro bianco pubblicato lo scorso marzo da Simon Property Group, leader americano del real estate, spezza una lancia in favore del classico shopping buste alla mano, appena tre anni fa un rapporto del MIT Center for Transportation & Logistics sosteneva che le emissioni prodotte dai cybernauti sono quasi due volte inferiori rispetto a quelle attribuibili agli shopper tradizionali. Uno scarto dovuto sopratutto all’ottimizzazione dei processi di consegna da parte di spedizionieri e operatori logistici. Per intenderci, in genere l’acquisto dalla tastiera di un computer o di uno smartphone implica meno spostamenti fisici, veri catalizzatori delle emissioni.
Mentre il dibattito è ancora aperto, paradossalmente c’è chi riscontra un vincolo di causa-effetto “al contrario” tra l’entusiasmo per l’e-commerce e il problema inquinamento, che affligge il paese asiatico con costi pari al 60 per cento del Pil nazionale, ovvero 720 miliardi di dollari nel solo 2016. Secondo uno studio condotto dall’università della Georgia, è proprio durante le giornate in cui la cappa di smog avvolge le metropoli dell’ex Celeste Impero che i cinesi, costretti a rimanere barricati tra le mura di casa, si danno alle spese pazze semplicemente con un clic.
Il Fatto Quotidiano,15/11/2016
English article, Greenpeace: Singles Day is a disaster for our pockets, and the planet
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