Altre tre immolazioni in Tibet

E’ stata la regione cinese teatro dalla fine di gennaio di scontri tra tibetani e polizia cinese che l’ha chiusa mettendola sotto assedio, la cornice delle ultime tre immolazioni di tibetani che portano il numero di questi atti estremi a 19 da marzo dell’anno scorso, 20 se ne dovesse essere confermata un’altra di ottobre. A Serthar, citta’ e contea della provincia sud occidentale cinese del Sichuan, che i tibetani indicano come il ‘Tibet orientale’, dalla fine di gennaio di fatto vige la legge marziale. Per protestare contro questo ennesimo uso della forza da parte dei poliziotti cinesi, tre tibetani venerdi’ scorso, ma la notizia e’ trapelata la scorsa notte, si sono immolati a Serthar. Uno non ancora identificato e’ morto sul posto, gli altri due, Tsering di circa 60 anni e Kyari di 30 sono sopravvissuti. Prima di darsi fuoco i tre hanno inneggiato all’unita’ del Tibet e dei tibetani urlando slogan contro l’occupazione cinese del Tibet. Morti che, insieme agli altri che si sono dati fuoco, vanno ad aggiungersi al primo tibetano immolatisi nel 2009 e ai tibetani ammazzati durante gli scontri con la polizia. Gli ultimi di questi morti avvenuti durante le manifestazioni, sono sette residenti ancora di Serthar. Qui il 18 gennaio scorso una manifestazione di cittadini che chiedeva la liberta’ del Tibet e’ stata dispersa dalla polizia con l’utilizzo di bastoni. A questa sono succedute altre manifestazioni il 22, 23 e 24 gennaio: in quest’ultima data la polizia ha aperto il fuoco, secondo fonti di organizzazioni che si battono per la liberta’ del Tibet e i diritti civili in Cina, contro la folla, facendo sette morti. Da quella volta, l’area e’ completamente tagliata fuori, la polizia la circonda e impedisce qualsiasi collegamento o contatto con l’esterno. Non funzionano neanche le linee telefoniche. Alcuni giornalisti stranieri che cercavano di entrare a Serthar sono stati arrestati e rispediti indietro dalle autorita’ cinesi. Nelle foto che hanno cominciato a circolare oggi delle manifestazioni e degli scontri, si vedono gli agenti picchiare inermi manifestanti, anche donne e anziani. Altre manifestazioni, sempre negli stessi giorni di gennaio, sono state registrate a Draggo (Luhuo in cinese) e a Dzamthang (Rangtang in in cinese), in uno dei movimenti di rivolta’ piu’ importanti da quello che precedette le olimpiadi di Pechino del 2008. Tra le 19 immolazioni dal marzo dell’anno scorso, che hanno visto compiere il gesto estremo sia a laici che a monaci (tra i quali uno molto venerato) e a una monaca, sarebbero 13 le morti accertate, mentre degli altri non si hanno notizie, in quanto la polizia li nasconde in luoghi segreti. Nonostante le non molte pressioni internazionali che chiedono maggiore liberta’ in Tibet, il governo cinese continua a criticare l’atteggiamento di quelli stranieri, chiedendo di non interferire in faccende interne alla Cina, e indicando nella ‘cricca del Dalai Lama’ i colpevoli che fomenterebbero la rivolta nell’area.

Fonte: Partecinesepartenopeo, 5 febbraio 2012

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