Le critiche del Vaticano nei confronti del governo cinese sono “imprudenti e infondate”: così si è espresso un portavoce dell’Ufficio affari religiosi del governo di Pechino, l’organismo incaricato della supervisione delle attività religiose in Cina. È la prima risposta ufficiale della Repubblica popolare, dopo i comunicati diffusi dal Vaticano nelle scorse settimane, dapprima sulle nomine illegittime di vescovi, quindi sull’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi che si è tenuta dal 7 al 9 dicembre scorsi. La Santa Sede, in entrambe le occasioni, ha denunciato la rottura unilaterale del clima di rispetto e di dialogo che si era creato con la Cina, esprimendo rammarico e dolore per questi strappi, che feriscono la Chiesa locale (già divisa al suo interno tra ufficiale e sotterranea) e mettono in crisi la Chiesa universale. Il Vaticano ha denunciato la violazione della libertà religiosa, e ha ribadito che non riconosce il Consiglio dei vescovi cinesi e l’Associazione patriottica, i cui vertici sono stati rinnovati proprio nel corso della recente Assemblea.
Critiche che Pechino rimanda al mittente: secondo il portavoce dell’Ufficio affari religiosi afferma che le decisioni prese dall’Assemblea non riguardano la dottrina cattolica e non violano la fede, e “non è in questione il riconoscimento da parte di qualsiasi organizzazione o stato straniero”. Secondo il rappresentante governativo il Vaticano avrebbe commesso un “errore di interpretazione” dichiarando l’incompatibilità tra la dottrina cattolica e il principio di auto-governo indipendente della Chiesa cinese. Quindi ha sottolineato che l’abitudine del Vaticano “che cerca di promuovere concetti politici con il pretesto del credo religioso” è “molto pericolosa” e potrebbe “avere serie ripercussioni per lo sviluppo della Chiesa cattolica in Cina”. Ha quindi concluso auspicando che il Vaticano sia più prudente per non peggiorare ulteriormente le relazioni e riprendere il dialogo.

Fonte: Il Velino, 22 dicembre 2010