Cina: il patto d’acciaio con la Corea del Nord
La Cina è il principale alleato della Corea del Nord. Lo Stato cinese mantiene in vita il regime di Pyongyang. Un collasso del regime nord-coreano sarebbe deleterio per l’immagine positiva del comunismo “cinese” sul piano internazionale. Un duro colpo per l’economia fiorente della Cina che il presidente cinese Hu Jintao,-alle prese con problemi di cambio e di rivalutazione del renminbi che avrebbero indubbie ripercussioni interne sul piano dell’occupazione, cerca di schivare. Il Paese del Centro ha anche ricevuto dure critiche internazionali per l’atteggiamento nella vicenda legata all’assegnazione del premio Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, uno dei più noti dissidenti politici cinesi condannato a 11 anni di prigione per «inciting subversion of the state», una sorta d’istigazione alla sovversione. Pechino ritiene la decisione del Comitato norvegese di assegnare il Nobel a Liu, che si batte da anni per la difesa dei diritti politici e civili in Cina, un “sacrilegio”. L’uso della retorica da parte delle autorità cinesi ricorda, in qualche modo, il linguaggio del regime della Corea del Nord. La battaglia per i diritti umani in Cina sembrerebbe perduta in partenza. Ma la storia insegna che niente deve essere dato per scontato. L’incidente di Piazza Tien’anmen del 4 giugno 1989 ci spinge a credere che la voglia di cambiamento in Cina non è un’utopia. E il controllo dei mezzi d’informazione da parte di un regime autoritario come quello comunista cinese rimane essenziale per mantenere in vita l’intero apparato di controllo politico-militare del Paese. La diatriba ancora in corso con il governo di Washington legata alla «questione google» dimostra, inconfutabilmente, i timori di Pechino che la popolazione, intensificando i contatti con il mondo capitalistico, possa rinnegare l’ideologia marxista-leninista. Volgiamo, ora, lo sguardo verso la Corea del Nord. Il regime di Pyongyang è sicuramente il più duro e oppressivo al mondo. Benché sia praticamente impossibile per un nord-coreano comunicare con il mondo esterno, alcune notizie sulla condizione di miseria e povertà della popolazione raggiungono il mondo occidentale. Per tenere sotto stretto controllo la popolazione, il regime di Pyongyang si serve dei mezzi d’informazione che descrivono il mondo capitalista come il peggiore dei mali esistenti. È forse quello che più di ogni altro si avvicina al regime oppressivo descritto da George Orwell nel suo celebre romanzo dal titolo 1984, in cui il “Big Brother”, ossia il capo indiscusso del partito (unico) spia la vita di ogni cittadino, mentre lo slogan di gran lunga il più importante è «la libertà è schiavitù». Anche in riferimento alla situazione nord-coreana si potrebbe, quindi, utilizzare il termine «distopia» in contrapposizione a utopia. Qui, televisioni e radio, giornali e riviste sono controllati dal regime al fine di sopprimere ogni anelito di libertà. Non esisterebbero altri mondi possibili, ma soprattutto migliori. Tutti osannano l’Eterno Leader (Kim Il-sung), il Caro Leader (Kim Jong-il) e sono pronti a riverire Kim Jong-un erede designato alla guida del Paese; i nord-coreani sono stati allevati in questo vero e proprio culto della personalità. La Corea del Nord è legata alla Cina da un Trattato di difesa reciproca siglato nel luglio del 1961 (Trattato di amicizia, cooperazione amichevole e assistenza reciproca). L’art. 2 stabilisce, in particolare, che ciascuna delle parti contraenti deve fornire il proprio supporto militare in caso l’atra parte subisca un attacco militare o un tentativo d’invasione da parte di uno Stato terzo. L’alleanza strategica tra i due Paesi è, principalmente, finalizzata al «contenimento» dell’influenza americana nella Penisola di Corea. I recenti viaggi di Kim Jong-il nella capitale cinese dimostrano che il regime di Pyongyang continua a contare sulla Cina per resistere alle pressioni economiche internazionali, che non si attenueranno se egli non tornerà a sedersi al tavolo dei negoziati multilaterali di Pechino. La Cina, da parte sua, si oppone a ogni ingerenza internazionale nei suoi affari interni. Pechino diventa intrattabile quando sono esercitate nei suoi confronti pressioni politiche da parte di altri Stati per la tutela dei diritti umani. Inoltre qualsiasi iniziativa internazionale nel settore dell’informazione, seppur economica nella sua natura, suscita la collera delle autorità cinesi poiché vi è il timore che, del tutto comprensibile a dir il vero, il contatto con il mondo liberale occidentale possa, in qualche modo, rianimare lo spirito rivoluzionario studentesco. La controversia tra le autorità di Pechino e la Google Inc., che si è conclusa con il rinnovo della licenza che consentirà al motore di ricerca più utilizzato al mondo di essere attivo in Cina fino al 2012, seppur con alcune limitazioni d’accesso, è l’esempio che meglio calza al riguardo. In Corea del Nord, invece, la censura è totale. Il liberalismo occidentale è considerato dal regime di Pyongyang un pericolo letale per l’incontaminata realtà comunista nord-coreana, il cui cardine principale è costituto dall’ideologia Chuch’e (termine che in coreano vuol dire autonomia, autosufficienza ecc.). La manipolazione dell’individuo mediante i mezzi d’informazione è, pertanto, un elemento che accomuna la Cina e la Corea del Nord. E ciò che Pechino teme è un «effetto domino» generato dal collasso del sistema politico-economico della Corea del Nord che offuschi l’immagine della Cina nel mondo, un Paese che, dopo aver superato il Giappone in termini di crescita economica, ambisce a divenire la prima potenza militare asiatica. Se da una parte, la Cina non è più uno Stato comunista, nel senso più letterale del termine, poiché le modalità e i tempi del suo sviluppo economico sono dettati dalla globalizzazione,- mentre la sua ricchezza economica, che proviene soprattutto dalle regioni costiere dove ha luogo il libero-scambio, riesce oggi a soddisfare solo in parte le necessità della popolazione, o di una parte di essa-, dall’altra, i tentativi della Corea del Nord di liberalizzare l’economia sono frenati dalla preoccupazione del regime di Pyongyang che ciò possa innescare un meccanismo di autodistruzione del sistema centralmente diretto che, di conseguenza, minerebbe il suo potere. Non in questo, bensì nella soppressione delle libertà politiche e civili la Corea del Nord rimane per la Cina un alleato insostituibile.
Fonte: Il legno storto, 15 ottobre 2010
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