Cina, il regime cinese dentro il letto (Video aborto forzato)

All’inizio di Giugno alcuni (pochi, a dire il vero) hanno ricordato il venticinquennale del massacro di Piazza Tienanmen. Troppo poco, in Occidente, si sa che - 25 anni dopo - la libertà per il popolo cinese è ancora una chimera.

Non solo le libertà civili fondamentali sono sempre state negate, ma la situazione è progressivamente peggiorata: 25 anni fa, in piazza ci si poteva incontrare. Oggi qualsiasi raduno viene immediatamente disperso dalla polizia.

Nella foto: Feng Jianmei, forzata a interrompere la gravidanza il 2 giugno 2012, con una iniezione letale al bimbo, perché ha violato la politica di controllo delle nascite del ‘figlio unico. ( fonte Rai News 14/giugno/2012)

Non solo: insieme alle libertà civili fondamentali (di opinione , di religione, di parola, domicilio, circolazione…), agli uomini e alle donne cinesi viene negato il “diritto alla salute sessuale e riproduttiva” tanto sbandierato da ONU e UE, sempre e solo in altri contesti.

La repressione di piazza Tienanmen, del 1989, è infatti coeva della crudele politica del figlio unico, che è stata introdotta negli anni ’80.

Ricordiamo che è anche grazie a me che scrivo e a voi che leggete che la pianificazione familiare cinese ha preso il via: l’UNFPA, l’agenzia dell’ONU per la pianificazione familiare (cui contribuiscono tutti gli Stati, con i nostri soldi), ha attivamente collaborato con Pechino per organizzare il capillare “servizio” di monitoraggio delle donne in età fertile, che sono costrette senza eccezioni a portare la spirale anticoncezionale e che, se si sottraggono ai controlli periodici (la spirale deve essere al suo posto e la donna ovviamente non deve essere incinta), vengono arrestate e multate pesantemente.

Se scappano, vengono arrestati amici e parenti, distrutte case e proprietà e altre amenità del genere. Se sono incinte l’aborto è forzato. Per chi fosse recidiva anche la sterilizzazione può essere imposta dalla legge con la violenza.

Dopo 25 anni, niente è cambiato. La propaganda (che è una specialità dei regimi dittatoriali - Goebbels docet ) ha fatto passare in Occidente la notizia che la politica del figlio unico è stata allentata. E i nostri media sono stati ben felici di dare risonanza alla cosa, omettendo però che - per dichiarazione degli stessi funzionari del PCC l’aggiustamento ha conseguenze di lievissima entità: verrà concesso il secondo figlio a genitori che a loro volta sono figli unici.

Il problema è che comunque , per fare un figlio, anche il primo figlio, bisogna chiedere il permesso al Governo. Altrimenti multe, violenza, arresti, aborto forzato, anche a gravidanza avanzata. E se per caso il bambino riesce a vedere la luce, sarà costretto a vivere da “Cinese fantasma”, cioè senza registrazione all’anagrafe, senza capacità giuridica, senza diritti.

Quindi sarà un altro di quei milioni di diseredati che sono i “migranti” e che - se sono fortunati - vivono da schiavi di qualche ricco imprenditore colluso col partito.

E comunque la concessione del “permesso di nascita” resta. Può darsi che cominci ad essere concesso un po’ meno difficilmente, per via del terribile inverno demografico che sta calando sulla Cina. Si sono vantati ufficialmente di aver evitato 400 milioni di nascite, ma la popolazione invecchia, i giovani che “fanno PIL” sono sempre meno, la previdenza sociale è praticamente inesistente…

Inoltre perdura l’enorme squilibrio tra maschi e femmine: ci sono circa 37 milioni di uomini più delle donne. La schiavitù sessuale e la tratta delle donne è pratica quotidiana.

Per non parlare del tasso di suicidi, che tra le donne cinesi è a livelli di record mondiale.

Basta visitare i siti dove riescono ad arrivare le testimonianze dei dissidenti, come - fra i tanti - China Aid, o Women Rights Without Frontiers, o AsiaNews, per imbattersi ancora oggi in storie tragiche di violenza di Stato - criminale - su donne e bambini, da parte del PCC:

Da ultimo c’è quella di Jinghong Cai (http://www.chinaaid.org/2014/06/guest-post-illegally-pregnant.html), che - con un racconto da brividi - narra di aver subito ben 3 aborti forzati. E spiega di non essere un caso raro, ma che è soltanto una tra le milioni di donne cinesi che oggi, in questo momento, ancora subiscono tali atrocità.

L’Occidente non vuol vedere e non vuol sentire le testimoniane come quella di Jinghong Cai. Sta a noi, uomini e - soprattutto - donne di buona volontà, parlare, gridare a gran voce, denunciare la brutalità e l’ingiustizia di un dittatore sanguinario che con il denaro compra tutti i giorni la sua credibilità e rispettabilità, insieme all’omertà dei nostri governanti e dei nostri mass media.

Francesca Romana Poleggi, Laogai Research Foundation, 14/06/2014

Video NTD Television: Aborto Forzato In Cina, Iniezione Letale Termina Gravidanza al Settimo Mese

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