CINA-Rilasciato dopo 20 anni Hada, dissidente che lotta per i diritti dei mongoli
L’uomo, considerato un prigioniero di coscienza, denuncia le torture subite in carcere e la persecuzione contro la sua famiglia. Ma annuncia: “Continuerò a lottare per quello in cui credo”. La Mongolia interna, come il Tibet e lo Xinjiang, subisce da decenni l’immigrazione dei cinesi han: tradizioni e credenze locali sono state spazzate via.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Il dissidente di etnia mongola Hada, noto per essere uno dei più anziani (in termini di pena) prigionieri politici della Cina, è stato torturato in galera e minacciato sin dal suo rilascio, avvenuto nei giorni scorsi. L’uomo ha passato la maggior parte degli ultimi 20 anni in carcere: dal 2010 era chiuso in una “prigione nera”, una galera extra-giudiziale dove si può finire per decisione della polizia e senza passare da un tribunale.
Il primo arresto risale al 1996, quando Hada viene condannato a 15 per “attività separatiste, spionaggio e sostegno all’Alleanza democratica della Mongolia meridionale”, un gruppo politico - che per Pechino era “terroristico” - che chiedeva maggiori diritti all’etnia dominante nella provincia settentrionale. Le accuse, secondo il dissidente, erano tutte montate: secondo Ong e organizzazioni internazionali, egli era e resta “un prigioniero di coscienza”.
Decenni di migrazioni spinte dal governo hanno riempito la Mongolia interna di cinesi di etnia han, riducendo i mongoli a una minoranza. Secondo le statistiche ufficiali, oggi sono meno di un quinto dei 24 milioni di abitanti della provincia. Da tempo, i membri della comunità chiedono maggiori diritti e maggiore protezione per le tradizioni locali. Pechino, così come per il Tibet e lo Xinjiang, ha ignorato le richieste.
Nonostante le minacce continue, Hada ha intenzione di continuare la sua battaglia: “Negli ultimi 19 anni, nel tentativo di costringermi ad abbandonare le cose in cui credo, sono stato oggetto di crudeli torture. Mia moglie e mio figlio hanno subito false accuse, enormi persecuzioni e sofferenze. Io stesso sono rimasto disabile per le percosse ricevute. La mia prossima mossa è riprendere la mia vita e i miei studi, per continuare a combattere contro l’oppressione del popolo mongolo”.
AsiaNews,20/12/2014
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