Cina, sparito nel nulla Xiao Jianhua, il “banchiere del potere”
Secondo la ricostruzione fornita dal New York Times, il quarantacinquenne miliardario sarebbe stato prelevato dalla sua lussuosa residenza a Hong Kong e portato nella “madrepatria”, dove sarebbe nelle mani della polizia
PECHINO - L’ultimo giallo cinese comincia in un lussuoso appartamento del Four Seasons di Hong Kong e si allunga tra mille illazioni, pettegolezzi e misteri nelle stanze blindatissime di Zhongnanhai, la residenza del potere di Pechino. Xiao Jianhua ha 45 anni, un tesoro inestimabile e alle spalle una storia troppo ingombrante, non certo per il suo passato da formidabile genio che gli permise di entrare appena 14enne all’università di Pechino, ma per i suoi legami con l’élite dell’impero comunista. La sua Tomorrow Group, il Gruppo del Domani, è la compagnia di cui tutti parlano oggi: è valutata quasi 6 miliardi di dollari, ma la cifra sarebbe sotto stimata, e non rispecchierebbe la fortuna accumulata dopo la laurea nel 1990, all’indomani di quella rivolta di Tiananmen in cui lui stesso cavalcò il movimento studentesco, ma quello fedele al governo e non alla piazza asfaltata dai carri armati.
La misteriosa scomparsa è raccontata adesso dal New York Times, e il particolare della fonte è parte integrante della storia e del giallo che la circonda. Il miliardario, che è nato in Cina ma risulta cittadino canadese, oltre a possedere un passaporto diplomatico di Antigua, sarebbe stato prelevato dalla sua residenza nel grand hotel di Hong Kong e portato oltre confine, cioè nella madrepatria, dove sarebbe “in buone condizioni” ma nelle mani della polizia di Pechino, dopo che la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa venerdì scorso. Il “trasferimento” dall’isola contravverrebbe la regola di “un paese, due sistemi” che disciplina i rapporti con la Cina da quando l’ex colonia è stata riconsegnata a Pechino giusto vent’anni fa: ricongiunzione che a luglio sarà celebrata dalla visita del presidente Xi Jinping che si preannuncia già storica, e non per niente ha fatto scattare una mobilitazione di 29mila agenti anti-terrorismo. Proprio alla famiglia del nuovo Mao Zedong - sostiene il New York Times - porterebbe il filo dei misteri intrecciato dal miliardario. Dice infatti il giornale che “negli ultimi anni Mr. Xia avrebbe agito come una specie di banchiere della classe dirigente”, tra l’altro comprando nel 2013 “2,4 milioni di dollari di azioni di una società finanziaria posseduta dalla sorella e dal cognato del presidente”.
Salito al potere nel 2013, Xi Jinping ha intrapreso una durissima lotta alla corruzione dilagante, che gli ha permesso al contempo di liberarsi degli avversari politici più insidiosi: una guerra senza quartiere che secondo alcuni osservatori non risparmierebbe nessuno, neppure in famiglia. Figlio di un dignitario comunista caduto in disgrazia durante la Rivoluzione culturale, ha vissuto lui stesso i momenti più duri e drammatici della dittatura di Mao, finendo esiliato in un villaggio di campagna. Il congresso del partito che si aprirà a novembre lo incoronerà per altri quattro anni, secondo la legge non scritta che qui regola la successione dei leader, ma segnerà soprattutto i nuovi equilibri del potere, visto il ricambio previsto dal gran numero di uscenti per limiti di età.
A complicare il mistero del miliardario, c’è pure la scomparsa di due post sui social media cinesi in cui Xiao Jianhua assicurava di essere all’estero: non è vero, avrebbe detto sempre al New York Times una persona a lui vicina, quei messaggi sarebbero stati fabbricati per arginare le voci che già circolavano sui media. Il giallo, tra l’altro, ricorda nella modalità della scomparsa, ovvero del prelevamento, il caso dei librai che un paio di anni fa avevano pubblicato sempre a Hong Kong testi invisi al governo: anche allora si parlò di intrusione di Pechino. Ma Pechino, a Hong Kong, è ormai di casa. Anzi, per legge, è Hong Kong che fa parte della casa di Pechino, anche se fino al 2047 continuerà a mantenere, sempre per legge, quell’autonomia che ha permesso pure ai giornalisti del New York Times di trasferirsi proprio lì dopo la pubblicazione delle loro inchieste.
La Repubblica,01 febbraio 2017
English article, Radio Free Asia:
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