CINA-Tibet: Oltre 100 monaci e monache espulsi dai loro monasteri. Non hanno aderito alle 5 richieste cinesi contro l’indipendenza tibetana
Una nuova repressione si sta consumando nella Contea di Biru, nella Prefettura di Nagqu, in Tibet, dove più di 100 monaci e monache sono stati espulsi dai loro monasteri e conventi, mentre sette religiosi sono stati picchiati e trattenuti per aver organizzato proteste.
Ma queste non sono le uniche drammatiche notizie pervenuteci, The Tibet Post riporta, infatti, di un convento di nuova costruzione chiuso e raso al suolo dalle autorità locali il 20 marzo 2014. I dettagli circa la sorte delle monache espulse, come i loro nomi, restano tuttora sconosciuti.
È invece certo che sulla struttura demolita, vige un fermo divieto di ricostruzione e non vi sarebbero tracce della sua esistenza nel registro delle istituzioni religiose.
Le motivazioni di tale accanimento vanno ricercate, secondo quanto riportato da tibetani in esilio, nel rifiuto degli ecclesiasti ai cinque vincoli giuridici imposti dal governo cinese. Nello specifico si richiede: l’opposizione all’idea di un Tibet indipendente, la denuncia del Dalai Lama, il riconoscimento ufficiale del Panchen Lama nominato dal PCC, il dissenso nei confronti delle attività che sostegno l’indipendenza tibetana e infine l’attuazione di un comportamento finalizzato all’unità della “madrepatria”. Coloro che non si conformeranno a quanto richiesto saranno espulsi o arrestati.
Per agevolare l’omologazione alle regole del partito, ai giornalisti stranieri è stato bloccato l’accesso sul territorio dal marzo 2008, periodo in cui si sono verificate diverse manifestazioni pacifiche. L’intero paese è poi stato sottoposto a incredibili strette sia per quanto riguarda le connessioni telefoniche, sia per l’uso della rete internet, nel tentativo di evitare fughe di notizie all’estero.
In Cina i tibetani continuano a essere arbitrariamente arrestati, imprigionati e torturati per aver semplicemente mostrato insofferenza alle regole cinesi, ciononostante i funzionari di Pechino continuano a sostenere che “Il Tibet è una regione pacificamente liberata” e che ”I tibetani vivono in un paradiso socialista Maoista”.
Fonte:The Tibet Post,03/04/2015
di Cecilia Cotogni,LRF
English Article,The Tibet Post:
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