Cina, undici anni al dissidente
È stato condannato a 11 anni di reclusione per «incitamento alla sovversione» il dissidente cinese Liu Xiaobo. Lo rendono noto i suoi avvocati. Liu, 54 anni, è uno dei veterani della protesta di piazza Tiananmen del 1989.
L’accusa è basata su alcuni articoli pubblicati dai siti web stranieri e sul fatto che Liu è stato uno dei primi firmatari di Carta 08, un documento che critica il Partito comunista cinese e chiede l’instaurazione in Cina di un sistema democratico. La moglie del dissidente, Liu Xia, ha dichiarato di aver trovato il marito «in buone condizioni psicologiche» e deciso a ricorrere in appello. Decine di giornalisti stranieri, simpatizzanti e diplomatici non sono stati ammessi nell’aula del processo e hanno atteso il verdetto all’aperto, in una giornata gelida e ventosa. L’agenzia d’informazione ufficiale Nuova Cina ha diffuso solo nella sua versione in inglese un dispaccio di poche righe, nel quale si sottolinea che il processo «è stato aperto al pubblico» e che il Tribunale «ha seguito strettamente le procedure» previste dalla legge cinese. Il diplomatico americano Gregory May ha letto una dichiarazione con la quale «il governo degli Stati Uniti chiede l’immediata liberazione» di Liu Xiaobo e nella quale si sottolinea come il processo sia stato «al di sotto degli standard internazionalmente riconosciuti dei diritti umani». Nicholas Becquelin, un ricercatore basato ad Hong Kong del gruppo Human Rights Watch ha affermato che la sentenza «è molto, molto severa e riflette un indurimento politico che abbiamo osservato fin dal periodo di preparazione delle Olimpiadi di Pechino del 2008».
Fonte: Corriere della sera, 25 dicembre 2009
L’articolo è uscito anche su La Repubblica:
La Cina usa il pugno di ferro contro Liu Xiaobo. Il dissidente è stato condannato oggi a 11 anni di prigione per “istigazione a sovvertire i poteri dello Stato”. Liu, 54 anni lunedì prossimo, è un veterano del dissenso: ha cominciato la sua attività nel 1989 quando, da giovane professore di letteratura, aderì al movimento democratico degli studenti in piazza Tiananmen. L’accusa è basata su alcuni articoli pubblicati dai siti web stranieri e sul fatto che Liu è stato uno dei primi firmatari di Carta 08, un documento che critica il Partito comunista cinese e chiede l’instaurazione in Cina di un sistema democratico. Liu rischiava fino a 15 anni di reclusione.
L’agenzia d’informazione ufficiale Nuova Cina ha diffuso solo nella sua versione in inglese un dispaccio di poche righe, nel quale si sottolinea che il processo “è stato aperto al pubblico” e che il Tribunale “ha seguito strettamente le procedure” previste dalla legge cinese. La moglie del dissidente, Liu Xia, ha potuto parlare col marito per dieci minuti dopo la sentenza e ha detto che è sua intenzione ricorrere in appello.
Il diplomatico americano Gregory May ha letto una dichiarazione con la quale “il governo degli Stati Uniti chiede l’immediata liberazione” di Liu Xiaobo e nella quale si sottolinea come il processo sia stato “al di sotto degli standard internazionalmente riconosciuti dei diritti umani”.
Nella giornata di ieri le autorità di Pechino si erano scagliate contro gli appelli lanciati dalle ambasciate straniere per il rilascio del dissidente, definendoli “una grossolana ingerenza negli affari interni cinesi.
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