Qual è l’impatto economico dei Laogai?
Lavoratori senza diritti e forza lavoro a costo zero
Uno degli scopi principali del Laogai è quello di fornire un’enorme forza lavoro a costo zero. L’importanza economica dei LAOGAI per il regime cinese è anche fondamentale per conquistare i mercati stranieri. Mentre, inizialmente, la produzione nei LAOGAI riguardava articoli e prodotti di facile esecuzione, destinati soprattutto al mercato interno, oggi, nei LAOGAI si produce di tutto: giocattoli, scarpe, articoli per la casa, mobili, macchinari di ogni genere, prodotti tessili ed agricoli, computer, componenti elettronici, autobus, etc., coprendo ogni settore merceologico. La produzione ora non è più solo per il mercato interno, ma soprattutto per l’esportazione. Ogni Laogai ha infatti due nomi, uno come prigione e uno come impresa commerciale; normalmente sulla facciata non appare il nome della prigione, ma solo quello dell’impresa.
Poiché nasce da una forza lavoro a costo zero, la produzione dei LAOGAI è in continua crescita. In Cina vige ancora la dittatura del Partito Comunista che controlla i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario. Il sindacato, di proporzioni minime con centoquarantamila membri su una popolazione di oltre un miliardo e trecento milioni di persone, è anche sottoposto al regime. Il lavoratore senza diritti è, quindi, anche senza difesa.
Il Partito Comunista Cinese rappresenta, dunque, il migliore partner commerciale per qualsiasi impresa nazionale o multinazionale, cinese o straniera, il cui solo scopo sia l’alto profitto, senza scrupoli.
Non è un caso che il costo del lavoro cinese sia il 5% del costo del lavoro nell’UE. La Cina vanta ormai i due terzi della produzione mondiale di macchine fotocopiatrici, forni a microonde, lettori DVD, giocattoli e calzature. Vanta anche più della metà della produzione mondiale di videocamere digitali e circa i due quinti di quella dei computer. L’Italia è il paese più danneggiato, all’interno dell’UE, dall’invasione dei prodotti cinesi in tutti i settori: il tessile, i mobili da cucina, l’oreficeria, la rubinetteria, le calzature etc., sia nel mercato interno sia nell’esportazione.
Per sostenere questo sistema produttivo, nel 2003, il Ministero della Giustizia Cinese ha elaborato una serie di leggi per aumentare le contribuzioni finanziare e gli investimenti nei LAOGAI.
Oltre ai LAOGAI esiste, in Cina, una vastissima rete di “fabbriche-lager”, con paghe ridicole, ferie praticamente inesistenti, salari pagati in ritardo, ore straordinarie obbligatorie e forfettizzate, licenziamento o pene corporali per le negligenze sul lavoro e mancata indennità per i licenziati. Di questa rete parla spesso Federico Rampini de “La Repubblica”.
Lu Decheng, durante una recente riunione al Parlamento Italiano, alla domanda di un parlamentare che chiedeva se l’attuale situazione economica non stia in realtà migliorando la vita del popolo cinese, ha risposto con un vecchio proverbio “ La Cina è ricca ma il popolo è povero. Almeno l’80% della popolazione cinese è sfruttata nelle fabbriche-lager, nelle campagne e nei LAOGAI a vantaggio di una minoranza di circa il 15-20% spesso collegata al Partito”.
Quindi la tanto decantata “competitività cinese” nasce principalmente dal lavoro forzato dei laogai e dallo sfruttamento umano nelle fabbriche-lager.