Greenpeace denuncia: il tessile cinese avvelena il Fiume Azzurro

I fornitori di importanti multinazionali occidentali sono i principali inquinatori del Fiume Azzurro e del Fiume delle Perle, due dei più grandi corsi d’acqua che attraversano la Cina. La denuncia arriva da Greenpeace che per oltre un anno ha analizzato le acque degli affluenti e in essa avrebbe riscontrato la presenza di diversi agenti chimici altamente tossici proibiti sia Europa sia negli Stati Uniti. L’associazione ecologista nel rapporto intitolato Dirty Laundry: Unravelling the corporate connections to industrial water pollution in China (Panni sporchi. Il segreto tossico dietro l’industria tessile) accusa il Textile Complex di Youngor e il Well Dying Factory Ltd di Hong Kong, due complessi industriali cinesi del tessile, di scaricare nei corsi d’acqua sostanze velenose e svela il legame commerciale che unisce i due impianti con celebri brand sportivi e dell’abbigliamento occidentali come Nike, Adidas, Puma, Converse, Calvin Klein, Lacoste e Abercrombie & Fitch.
LA RICERCA - I risultati presentati da Greenpeace dimostrano «un inquinamento diffuso di questi fiumi da alchilfenoli e composti perfluorurati», sostanze che possono alterare il sistema ormonale. Inoltre nelle acque è stata riscontrata «la presenza di altri tipi di contaminanti pericolosi per l’ecosistema e per la salute umana fra cui metalli pesanti come cromo, rame e nichel e composti organici volatili quali il dicloroetano, il tricloroetano (cloroformio) e il tetracloroetano». I due fiumi forniscono acqua potabile a milioni di cinesi (solo il Fiume Azzurro è la principale risorsa idrica per 20 milioni di cittadini) e la presenza di questi veleni è altamente dannosa per la salute di tantissime persone.
DIVIETI - Greenpeace dichiara che molte multinazionali considerate «leader della sostenibilità» in Occidente, non si preoccupano di come sono realizzati i loro prodotti a livello locale e sebbene abbiano identificato una lista di composti prioritari pericolosi esse le limitano solo nei loro prodotti finiti. Alla fine del rapporto l’associazione ecologista invita le multinazionali a esercitare la propria influenza economica e chiede di imporre ai due complessi industriali cinesi «l’eliminazione dell’uso delle sostanze pericolose» come già avviene nei paesi occidentali.
REPLICA - A poche ore dalla pubblicazione del rapporto multinazionali citate nello studio hanno replicato: «La possibilità che vi siano alte concentrazioni di prodotti chimici è davvero bassa», è scritto nel comunicato Adidas. Mentre Nike, dopo aver confermato di acquistare prodotti dai complessi tessili, nega che i suoi fornitori orientali utilizzino sostanze inquinanti. Da parte sua Greenpeace che già l’anno scorso aveva denunciato il disastroso inquinamento del Fiume Azzurro e la presenza di pesce tossico nelle sue acque, condanna l’atteggiamento poco collaborativo delle multinazionali occidentali. «Nessuna delle grandi aziende citate nel nostro rapporto ha una politica chiara e trasparente che impone ai propri fornitori l’eliminazione dell’uso di questi agenti chimici pericolosi - dichiara Li Yifang, la ricercatrice dell’associazione ecologista che ha guidato la ricerca - Queste multinazionali fanno grandi affari con gli inquinatori. Non le accusiamo certamente di essere il diavolo, ma senza il loro intervento, i complessi tessili cinesi continueranno a scaricare nei fiumi orientali sostante inquinanti e tossiche».

Francesco Tortora

Fonte: Corriere della Sera.it, 13 luglio 2011

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