Harlan, un orrore da chiudere
Sono arrivati dalla Cina nello stabilimento di Correzzana (provincia di Monza), 104 esemplari di scimmie della ditta Harlan che si occupa di fornire animali per fini scientifici. In Italia vengono sottoposti a sperimentazione 3000 cavie al giorno. Più che per i risultati (scarsi) nella ricerca, la vivisezione è famosa per il giro d’affari che produce nel nostro paese. Provengono dalla multinazionale Harlan le circa 900 scimmie destinate alla vivisezione in arrivo a Monza. Un primo carico con 150 esemplari è giunto a Correzzana, nel monzese, qualche giorno fa. A questi se ne aggiungono adesso 750. Arrivano “ufficialmente” dalla Cina trasportati da Roma-Fiumicino in scaglioni da 150 per volta, stipati in gabbioni e destinati a un capannone-lager. A Correzzana ha sede uno dei laboratori di Harlan, multinazionale che risulta, purtroppo, il maggiore fornitore dei vivisettori, con decine di allevamenti sparsi in tutto il mondo. Harlan si occupa di vivisezione direttamente e per conto terzi, vendendo animali a laboratori pubblici e privati, ospedali, università, aziende farmaceutiche. In Italia lo fa soprattutto utilizzando ratti, topi, cavie, conigli, grandi scimmie ma anche cani e gatti. L’ultimo tassello di questo ignobile business riguarda la creazione di animali geneticamente modificati, sempre da utilizzarsi per la sedicente “sperimentazione”, tra cui specie programmate per sviluppare il cancro. In Italia, Harlan ha sede non solo nel monzese, ma anche in provincia di Udine e a Presso. Anche se le 900 scimmie arrivate in queste ore provengono, come detto, “ufficialmente” dalla Cina, la loro origine è, in realtà, da ricondursi alle Seychelles e alle Mauritius, veri e propri paradisi per vivisettori e trafficanti d’esseri senzienti. Il nostro Ministero per la salute ha autorizzato l’ingresso delle 900 scimmie in Italia, ma le proteste non si sono fatte attendere. In Italia vengono sottoposti a sperimentazione 3000 animali al giorno. Più che per i risultati (scarsi) nella ricerca scientifica, la vivisezione è famosa per il giro d’affari che produce: miliardi di euro solo in Italia, guadagnati letteralmente sulla pelle di qualcuno e con metodologie vergognose. Quando attivisti dell’ALF, Fronte di liberazione animale, riuscirono nel 2006 ad entrare nei laboratori Harlan monzesi si resa pubblica un’accurata documentazione filmata relativa a migliaia di roditori rinchiusi in microscopiche gabbie di plexiglas cadaveri impilati nei frigoriferi, corpi impalati con stuzzicadenti, macachi abbandonati tra sangue e feci. Questa è la fine che attende anche i 900 macachi rubati alle loro foreste se la mobilitazione per salvarli, anche nel nome di un nuovo modello scientifico, non sarà forte e incisiva. Un’altra strada, nel nome della ricerca e della vera scienza, è possibile. I metodi alternativi, decisamente più attendibili e sicuramente non invasivi, sono numerosi. Si va dai modelli informatici alle analisi chimiche, dalle indagini statistiche (come l’epidemiologia e la metanalisi), utilizzate anche dalla Environment Protection Agency americana, agli organi bioartificiali, dai microchip al DNA ai microcircuiti con cellule umane. Il 1 febbraio 2012 la Camera con 380 voti a favore, 20 no e 54 astenuti, si è intanto pronunciata sul recepimento della Direttiva 2010/UE approvando l’articolo 16 (Principi e criteri direttivi per l’attuazione della Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici) come decreto nazionale.
Un’occasione buona per fare concreti passi avanti verso l’obiettivo finale di una ricerca senza barbarie. Il testo è passato al Senato e se, come speriamo, verrà approvato anche in questa sede, si cancelleranno la precedente direttiva n. 609 del 1986 e il relativo Decreto Legislativo 116/92.
Fonte: L’Opinione, 29 febbraio 2012
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