Hong Kong, la Cina minaccia gli attivisti democratici
Il governo di Pechino dopo le nuove elezioni al Congresso Legislativo: «Chiunque rivendichi l’indipendenza potrebbe essere punito».
L’ingresso al Consiglio Legislativo di Hong Kong di un manipolo di giovani leader del movimento Occupy Central, protagonista nel 2014 della storica Rivolta degli Ombrelli, ha provocato la minacciosa reazione di Pechino.
La autorità cinesi, a sole 48 ore di distanza dalle elezioni, sono preoccupate di perdere la propria sovranità sulla Regione Amministrativa Speciale rappresentata dall’ex colonia britannica. E secondo quanto riportato dai media statali, il governo ha avvertito che chiunque sostenga l’indipendenza di Hong Kong «potrebbe essere punito».
CRESCE IL POTERE DI VETO. I giovani attivisti, entrati nel mini-parlamento di Hong Kong grazie a un sostegno popolare senza precedenti, hanno rafforzato il gruppo pro-democrazia, incrementando il potere di veto all’interno dell’assemblea. Il Consiglio Legislativo è composto in tutto da 70 membri, di cui 35 eletti con suffragio universale e 35 selezionati da gruppi di grandi elettori corporativi, che tendono a perseguire una politica filocinese.
UN CONSIGLIO LEGISLATIVO SPACCATO. Il mandato e le funzioni dei legislatori devono aderire alla Basic Law, la mini-Costituzione di Hong Kong stilata nel 1997 dal Congresso della Repubblica Popolare Cinese, nel solco del principio «un Paese, due sistemi». La natura del Consiglio Legislativo non consente dunque agli attivisti democratici di ottenere la maggioranza dei seggi, ma può permettere loro di avere un peso sufficiente a bloccare le riforme illiberali volute da Pechino. A conteggio ultimato, i partiti e i candidati dell’opposizione hanno ottenuto complessivamente 30 seggi (in precedenza erano 27), mentre ai partiti dell’establishment ne sono andati 40.
I MALUMORI DI PECHINO. In Cina la stampa ha quasi interamente ignorato le elezioni a Hong Kong, ma le tensioni sono venute allo scoperto martedì 6 settembre, quando il governo ha annunciato la sua «decisa opposizione» a qualsiasi rivendicazione d’indipendenza che dovesse giungere dal Consiglio o dall’esterno dell’organismo.
LA PROMESSA NON MANTENUTA. Tra i neoeletti che si battono per una maggiore autonomia dalla madrepatria cinese c’è anche Nathan Law, lo studente di 23 anni che trascorse 79 giorni accampato fuori dal palazzo del Consiglio, nel distretto di Admiralty, per chiedere al capo dell’esecutivo di Hong Kong e alle autorità di Pechino di concedere alla città il pieno suffragio universale. Una promessa fatta da lungo tempo e fin qui mai mantenuta.
Lettera 43,06/09/2016
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