Hong Kong respinge la riforma elettorale di Pechino: solo 8 voti a favore
Il pacchetto voluto dalla Cina continentale, nega una vera democrazia per l’ex colonia britannica. Il voto al Consiglio legislativo vede una vittoria storica per la compagine democratica. I deputati pro-Pechino abbandonano l’aula prima della chiama per “un problema di comunicazione interna”. Emily Lau: “Un segnale inequivocabile per il governo centrale e per la comunità internazionale: vogliamo i nostri diritti”. Lee Cheuk-yan: “La storia è sempre dalla parte della democrazia”.
Hong Kong. Il Legco, il parlamento di Hong Kong ha bloccato il pacchetto di riforma elettorale presentato da Pechino circa un anno fa. Come previsto, il gruppo di deputati democratici ha votato compatto per il “no”, guadagnando persino un inaspettato voto in più. Ma a sorpresa un gruppo di circa 30 deputati vicini alla Cina continentale ha lasciato l’aula prima del voto. Quindi, la proposta cinese ha ottenuto soltanto 8 voti favorevoli. Nel frattempo, l’area intorno al Legco sembra essere tornata alla normalità dopo circa tre giorni di occupazioni e proteste popolari.
Il voto si è svolto nel pomeriggio di ieri. I 27 rappresentanti democratici hanno mantenuto le promesse e si sono opposti alla riforma: insieme a loro ha votato il dott. Leung Ka-la, membro di un gruppo affiliato a Pechino e rappresentante del settore medico dell’ex colonia britannica. I deputati dell’Alleanza democratica per il miglioramento e il progresso di Hong Kong, la Federazione dei sindacati e l’Unione commerciale e professionale – tutte sigle da sempre vicinissime al governo, sia locale che centrale – sono usciti dal Consiglio un minuto prima della chiama.
Starry Lee Wai-king, presidente dell’Alleanza, sostiene che si sia trattato di un problema di comunicazione interna: “Stavamo aspettando un altro deputato, ma non ci siamo capiti e quindi i nostri voti non sono stati presi in considerazione”. A favore del pacchetto, invece, i cinque deputati del Partito liberale; il deputato della Federazione Chan Yuen-han e due indipendenti. In ogni caso, anche a regime pieno la riforma non sarebbe stata approvata dato che, per legge, necessitava di almeno due terzi dei voti a disposizione.
Alan Leong Kah-kit, deputato del Civic Party e figura storica del movimento democratico, dice: “Il voto finale non è stato conteggiato bene, perché secondo i regolamenti del Consiglio chi esce dall’aula vota contro. Quindi siamo davanti a un risultato storico”. Dello stesso avviso Emily Lau Wai-hing, presidente del Partito democratico: “Questo pacchetto di riforma ha ricevuto 8 voti favorevoli su 70 a disposizione. È un messaggio chiaro al governo centrale e alla comunità internazionale: dobbiamo avere una nuova riforma, e subito”. Lee Chauk-yan, sindacalista e presidente dei laburisti, chiosa: “La storia è dalla parte della democrazia”.
La Chiesa cattolica si è schierata da tempo al fianco dei democratici. In una lettera pastorale pubblicata all’inizio di giugno 2015, in pieno impasse politico, il vescovo della diocesi card. John Tong ha invitato tutte le persone coinvolte a “sanare il deficit di democrazia” presente nella proposta di Pechino. Intervistata daAsiaNews, una rappresentante della commissione diocesana Giustizia e pace ha chiarito che “senza vera democrazia non c’è giustizia” e ha annunciato una manifestazione di protesta davanti al Consiglio legislativo nei giorni del dibattito e del voto.
Le manifestazioni si sono svolte dal 15 al 18 giugno, in modo pacifico e democratico. Subito dopo il voto, alcuni gruppi hanno abbandonato l’area occupata, ma altri sono rimasti fino alla riunione di questa mattina “per dire al nostro Parlamento che la popolazione di Hong Kong non si farà prendere in giro”.
Asia News,18/06/2015
English version,Asia News:
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