Diritti umani ed economia
Hilary Clinton durante il suo viaggio in Cina nel febbraio del 2009 ha dichiarato che i diritti umani non devono interferire con i rapporti economici. Non è la sola. Molti credono che i diritti umani e la libertà di parola e di opinione siano delle belle cose ma che la realtà economica debba avere il soppravvento. Si sbagliano perchè i diritti umani e l’economia sono due concetti direttamente legati. Tutto ciò che è immorale, prima o poi, si rivelerà controproducente in termini pratici ed economici
Clinton e Hu Jintao | Moneta statunitense e cinese |
Purtroppo, gli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio permettono di difendersi dalle pratiche del dumping e della sovvenzione pubblica ma non permettono la difesa contro il “dumping sociale” di quei paesi, come la Cina, che usano il lavoro forzato ed il lavoro minorile per aumentare la loro competitività e questo nonostante che i precedenti accordi del GATT del 1994 prevedevano una clausola (la XX/e) contro il lavoro forzato. Infatti in Cina, oggi, esiste una vasta rete di più di mille campi laogai dove milioni di persone sono costrette a lavorare fino a 18 ore al giorno a vantaggio economico del regime comunista cinese e di numerose imprese che investono in Cina. Eventi recenti, tuttavia, ci incoraggiano. Alla fine del 2009, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione riguardo all’etichettatura d’origine, la presidenza svedese dell’UE (uscente) e quella spagnola (entrante) hanno pubblicato, nel novembre del 2009, un documento a difesa dei diritti dei lavoratori e Peter Mueller, rappresentante della Laogai Research Foundation, ha recentemente ottenuto il sostegno di numerosi Europarlamentari. Fra questi: Edward McMillan-Scott, Vicepresidente, Crescenzio Rivellini, capo Delegazione UE/Cina e Heidi Hautala, Presidentessa del Comitato per i diritti umani. La
Manifestanti chiedono di investigaresui campi di lavoro forzato |
La Fondazione Laogai ha anche chiesto al Commissario Ashton ed al Commissario Ferrero Waldner di sospendere il sistema delle agevolazioni daziarie (GSP) per la Cina poichè la stessa sfrutta il lavoro forzato dei laogai ed il lavoro minorile nell’export (la laogai chiede all’UE la sospensione dello schema di preferenze tariffarie generalizzate per le importazioni cinesi). Grazie all’Associazione “La Torre”, i Comuni di Volano, Calliano e del C10, la Coldiretti e l’Associazione Artigiani, si sono svolti vari convegni contro i laogai ed il lavoro forzato in Trentino. Danilo Merz, direttore della Coldiretti della regione, ha denunciato che “molti laogai producono nel campo agro-alimentare ed alimentano le importazioni cinesi in Italia ed in Europa”. È stata anche passata una legge per proteggere il “made in Italy” dal Parlamento Italiano (Reguzzoni/Versace) nel dicembre 2009. Questa legge permetterà l’etichettatura obbligatoria sui prodotti tessili, dell’abbigliamento, dell’arredo casa, delle calzature e della pelletteria (Il made in Italy e il lavoro forzato). Ottima anche l’azione del Ministro Zaia riguardo alla difesa dei prodotti agro-alimentari italiani (Made in china purché regolare)Tuttavia il problema fondamentale è l’uso del lavoro forzato e dello sfruttamento umano e del lavoro minorile da parte della Cina per aumentare la sua competitività sui mercati internazionali. Quindi il problema etico dei diritti negati e dell’economia sono direttamente connessi. Ripetiamo che tutto ciò che è immorale (l’uso del lavoro forzato e del lavoro minorile) sarà, presto o tardi, deleterio in termini economici (la disoccupazione e le bancarotte di impresa). Le autorità cinesi, italiane ed internazionali tuonano contro il “protezionismo” ma dimenticano che è proprio la Cina che, contrariamente agli accordi del WTO, applica forti dazi sulle importazioni come nel caso delle auto, i pezzi di ricambio delle stesse, alcuni prodotti agricoli ed ha anche bloccato le importazioni di altri prodotti come i libri, i DVD ed il prosciutto italiano! Inoltre, il governo cinese, alla faccia del mercato libero, sostiene le imprese esportatrici mediante agevolazioni fiscali, bassi tassi di interesse e l’uso gratuito della terra (Cina, il trionfalismo mal riposto). Due recenti rapporti della Laogai Research Foundation confermano che almeno 415, fra i mille laogai conosciuti ed operanti oggi, sono molto attivi nell’export (Il segreto dell’export cinese).
Numerose sono le convenzioni internazionali concernenti il lavoro, sotto¬scritte da almeno centocinquanta Paesi, tra cui la Cina, che non vengono rispettate da Pechino. L’importazione dei prodotti, spesso nocivi alla salute e derivati dal lavoro forzato e minorile, non è soltanto profondamente immorale ma è anche molto dannosa alla nostra economia, soprattutto nel contesto dell’attuale crisi. Solamente subordinando i rapporti commerciali con la Cina al rispetto delle convenzioni internazionali potremo, partendo da principi etici anche difendere i nostri interessi economici.
Per un aggiornamento sulla situazione attuale in Cina vedi l’articolo scitto da Toni Brandi La Cina motore dell’economia mondiale?