Il Lavoro in Cina: una tra le cause principali della crisi economica in Italia.
Si può attribuire ai Laogai i campi di concentramento del terzo millennio,alla vastissima rete delle fabbriche-lager , qualsiasi pseudonimo ma laddove terminano le parole, i fatti parlano.
La realtà che in queste fabbriche della sofferenza le paghe sono ridicole, ferie praticamente inesistenti, salari pagati in ritardo, ore straordinarie obbligate e forfetizzate, licenziamento o pene corporali per le negligenze sul lavoro e mancata indennità per i licenziati.
Nella foto la Guardia di Finanza mentre sequestra vestiti e accessori considerati pericolosi a Gallipoli in provincia di Lecce nel settembre del 2013
Coloro i quali pensano che l’attuale situazione economica stia migliorando la vita del popolo cinese sono in errore. Lu Decheng, durante un incontro al Parlamento italiano con l’On Marcenaro, allora presidente della Commissione per i diritti umani gli disse in proposito: “La Cina è ricca ma il popolo è povero.”
Almeno l’80% della popolazione cinese è sfruttata nelle fabbriche-lager, nelle campagne e nei Laogai a vantaggio di una minoranza di circa il 15-20% collegata al partito.
I lavoratori sono senza diritti e senza difesa: il sindacato, è composto da 140mila membri su una popolazione di oltre un miliardo e trecento milioni di persone, è sottoposto al regime.
Normalmente il suo compito, in Cina, è quella di fungere da intermediario tra il datore di lavoro e i singoli: i salari passano per le mani dei “sindacalisti” e giungono a loro discrezione nelle tasche degli operai, da noi viene chiamato “il caporalato”.
Nonostante ciò, le autorità politiche ed economiche occidentali e internazionali, continuano imperterrite a stringere patti e alleanze con Pechino .
I mass media presentano, prevalentemente, l’immagine di una Cina in enorme crescita economica e con un buon progresso sociale. Entrambi favoriscono il consenso e l’ammirazione per questo paese dove una dittatura commette crimini efferati ed inimmaginabili e sfrutta il proprio popolo a vantaggio di alti funzionari del partito.
Il commercio con la Cina ha aumentato la repressione, gli abusi,i morti, e gli arresti.
Le rivolte popolari sono almeno 80.000 l’anno: non si tratta di ricchi studenti che giocano alla rivoluzione ma di veri e propri affamati.
I dati e le notizie fornite delle recenti repressioni contro i Tibetani, gli Uighuri, i Cristiani, i praticanti del Falun Gong, , le restrizioni e i controlli subiti dai giornalisti occidentali regolarmente accreditati, gli sfratti forzati, le vittime della politica del figlio unico, traffico illegale di organi e i morti tenuti nascosti anche ai familiari, forniscono una visione ben chiara di quale sia la realtà in Cina.
I fatti e la storia denunciano, che il benessere tocca una piccola parte della popolazione, come è sempre stato in tutti i regimi comunisti, dall’Unione Sovietica del 1920 alla Cina di oggi.
C’è chi sostiene che il basso prezzo dei prodotti cinesi aiuti le famiglie italiane ad arrivare alla fine del mese. Invece è una delle cause principali della crisi economica italiana. L’atteggiamento tollerante dell’Unione Europea e dei nostri governi hanno permesso l’invasione di prodotti cinesi in Europa.
Hanno permesso le delocalizzazioni, il fallimento di imprese, l’indebitamento dei Governi, cassa integrazione e disoccupazione. Sono i prestatori d’opera, i salariati, le vere vittime della tanta decantata espansione economica cinese, in quanto le multinazionali comprano e producono a basso prezzo in Cina, rivendono a 10 volte di più e licenziano i dipendenti e i partner italiani,troppo costosi
Alcuni potrebbero argomentare “ se non ci fossero gli investimenti occidentali i lavoratori cinesi non avrebbero neppure gli scarsi salari che hanno ora”: questa affermazione è del tutto sbagliata e immorale.
I compensi in Cina sono artificialmente compressi dal regime, che usa il basso costo del lavoro per attrarre gli investimenti per pretendere poi il tacito assenso dell’occidente alla sua sistematica violazione dei diritti umani su vasta scala.
Se in Cina fossero consentiti sindacati liberi, i salari del lavoratori non sarebbero tanto bassi. Le condizioni di lavoro non orribili e calerebbe il numero dei morti sul posto di lavoro.
Il PCC governa la moderna schiavitù in ossequio al nuovo dio della Cina capital-marxista: il profitto,lo slogan di Deng Xiaoping “arricchirsi è glorioso” è più vivo che mai.
Infatti, oggi in Cina i burocrati del Partito non sono solo i garanti dell’ordine politico e sociale, ma sono anche imprenditori ricchissimi e senza scrupoli.
Gianni Taeshin Da Valle, Laogai Research Foundation, 05/01/2014
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