Il legno illegale è un business come le armi: la Cina il principale esportatore mondiale

È noto a molti che in Europa ci sono alcune delle principali nazioni esportatrici di armi al mondo: secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) a fare la parte del leone in questo mercato mondiale sono gli Stati Uniti e la Russia ma a detenere una fetta decisamente interessante dell’ ”economia del piombo” sono la Francia, il Regno Unito, la Germania e persino l’Italia, che nell’anno 2014 ha esportato oltre 750 milioni di dollari di armi e armamenti.

Meno noto al grande pubblico è un altro mercato, quello del legname, il cui commercio illegale alimenta tre distinti problemi globali di non poco conto: la deforestazione, la corruzione e le guerre. Perché metterli in parallelo?

Secondo un rapporto pubblicato dalla Commissione Europea il 18 febbraio scorso molti stati membri dell’UE non hanno ancora recepito, e chi lo ha fatto fatica a farle rispettare, le leggi comunitarie volte a proteggere le foreste mondiali dal disboscamento. Il regolamento europeo del legname (EUTR) è entrato in vigore nel 2013 ma gli organismi legislativi ed esecutivi nazionali sembrano muoversi con molta lentezza su questo fronte.

Secondo la ONG Global Witness, che si occupa di scovare e denunciare i collegamenti tra sfruttamento delle risorse e i conflitti, la povertà, la corruzione e le violazioni dei diritti umani, la ragione risiederebbe nel mercato clandestino del legno, della cellulosa e della carta, che secondo una stima nel 2014 valeva ben 2 miliardi di euro l’anno. Il principale esportatore mondiale di legno illegale è la Cina, che in Europa commercia prodotti in legno finiti sotto forma di mobili, compensati e pavimentazioni, e i maggiori importatori europei sono il Regno Unito, la Germania, la Francia e l’Italia.

Secondo l’Interpol la lotta contro il disboscamento illegale è necessaria anche e sopratutto per ridurre le emissioni globali di gas serra ma non solo: il caso della Repubblica Centroafricana (RCA)denunciato dalla ONG è decisamente emblematico sugli effetti prodotti dalla produzione e dal commercio di legno illegale: effetti che non ci aspetteremmo mai possano derivare dai mobili che abbiamo dentro casa.

Nel luglio 2015 la ONG ha pubblicato una ricerca nella quale dimostra come alcune imprese francesi e tedesche importino legname proveniente da compagnie che operano nelle zone di guerra in RCA. Da quando le foreste del paese africano si sono popolate di ribelli Seleka, milizie armate musulmane che si fronteggiano alle milizie cristiane anti Balaka, le aziende produttrici di legname hanno cominciato a fare affari d’oro contribuendo all’arricchimento dei signori della guerra Seleka e a una rapidissima escalation di violenze in tutta la Repubblica. L’inchiesta Legno di sangue di Global Witness denuncia come milioni di dollari siano stati pagati dalle compagnie internazionali del mercato del legno direttamente ai capi dei ribelli, colpevoli di omicidi di massa, rapimenti, stupri e reclutamento forzato di bambini soldato: solo nel 2013 sono stati pagati oltre 3,4 milioni di euro da imprese europee di importazione di prodotti derivanti dal legno e l’Europa è ancora oggi il primo acquirente di legname proveniente dalla Repubblica Centroafricana.

In questo senso le nazioni europee non stanno solo fallendo gli obiettivi che le normative comunitarie indicavano tre anni fa con l’approvazione dell’EUTR, ma stanno violando delle norme create appositamente per combattere questa piaga internazionale, rendendosi complici. In Africa le compagnie europee continuano infatti a commerciare in un’ottica postcoloniale che non trova riscontro nella realtà locale, presupponendo a priori di contribuire allo sviluppo e all’economia locale grazie a partnership con la corrotta industria del legno centroafricana. La compagnia francese IFB è attualmente sotto indagine: secondo Global Witness la compagnia transalpina ha fatto pagamenti frequenti ai ribelli Seleka (tangenti per superare i blocchi stradali, stipendi per garantirsi una scorta armata per girare nelle zone ribelli, sfruttamento delle foreste controllate dai Seleka). Durante la guerra civile il mercato del legname ha superato quello, ben più famoso, dei diamanti.

L’azienda francese Tropica-Bois nel 2013 avrebbe registrato profitti record (+245 per cento in tre anni) ed è oggi il trader di questo settore più conosciuto in RCA. Questa azienda è di proprietà di un attore decisamente più grande sul mercato internazionale, la libanese SEFCA: se Tropica-Bois nega di commerciare legname acquistato illegalmente in Africa SEFCA ha invece ammesso di recente di aver ospitato nelle sue strutture “forze del regime Seleka” ma “solo per motivi di sicurezza”. In Congo avviene lo stesso: aziende europee sono state accusate di operazioni massicce di disboscamento e alcune di esse si sono probabilmente rese complici negli abusi contro i diritti umaniperpetrati sulle popolazioni locali. Secondo quanto comunicato dalla Coldiretti, le importazioni di legna da ardere in Italia sono cresciute del 25% nel 2013, complici la crisi e il desiderio di risparmiare sul riscaldamento. Per il 2013, l’Italia si classifica al primo posto tra i Paesi importatori di legna da ardere: le industrie italiane di trasformazione del legno sono dipendenti dall’estero per il 70% del materiale utilizzato.

L’Italia, secondo il Ministero delle Politiche Agricole, ha recepito la disciplina europea e il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente un decreto legislativo sul divieto di importazione di legno tagliato illegalmente nel settembre 2014 ma c’è ancora molta strada da fare in merito alla tipologia di prodotti derivati dal legno che vengono importati.

La relazione della Commissione UE indica sopratutto questo: è infatti un problema che in territorio Europeo si importino prodotti a base di legno appartenenti a categorie non coperte da alcun regolamento comunitario (materiali stampati, sedie e strumenti musicali, secondo il WWF) e anche in questo caso la principale preoccupazione è l’applicazione delle normative comunitarie con spiccato ritardo da parte dei vari stati nazionali, mentre la Commissione sembra voler ampliare e accelerare su questo punto.

Oltre a causare un danno ambientale notevole per via del disboscamento senza regole, il mercato illegale del legno rappresenta un problema anche perchè alimenta fortemente la corruzione nei paesi produttori, soldi che finiscono quasi sempre nelle casse di gruppi armati e milizie sanguinarie, come nei casi africani citati, o direttamente nelle tasche di qualche corrotto dittatore. Il caso della Guinea Equatoriale è anche in questo caso emblematico: le tangenti incassate dal vicepresidente e Ministro delle Foreste Teodoro Nguema Obiang dalle compagnie straniere per lo sfruttamento e l’esportazione del pregiato legname guineano sono note ai dipartimenti di antiriciclaggio di numerose nazioni del mondo, dagli Stati Uniti alla Francia.

Fonte: Internetional Business Times, 23/02/2016

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