Il mistero delle piccole cinesi mai nate
Mai venute al mondo. Perché il loro posto se l’è preso un bel maschietto. Con gli stessi occhi a mandorla, ma più forte e meglio capace di farsi strada attraverso le insidie della vita. Conservando, tra l’altro, il nome di famiglia. Che non è poco. Si chiama aborto selettivo, e consiste nell’interrompere la gravidanza una volta saputo il sesso del feto: maschio sì, femmina no. In Cina è una realtà confermata dai fatti. E dai numeri. Nelle zone rurali nasce infatti una femmina ogni tre maschi. Così che la popolazione femminile è da tempo in costante diminuzione, e i futuri mariti sono spesso «costretti» ad andare a prendere moglie nei Paesi limitrofi, come Vietnam o Laos. Ma anche a Brescia l’aborto selettivo per le coppie cinesi pare essere una realtà. Confermata però più dalle testimonianze che non dai grossi numeri (che comunque, nel Comune di Brescia, propendono per i maschi). In ogni caso, per argomenti come questo, basta anche un solo episodio a far scattare l’allarme. «Ci sono stati casi di pazienti cinesi che hanno chiesto di conoscere il sesso del feto prima dello scadere dei 90 giorni di gravidanza, così da poterla interrompere legalmente in caso di sesso femminile. Ovviamente non abbiamo dato seguito alla richiesta, perché in Italia non è una motivazione valida» spiega la ginecologa Rosa Schivardi del Consultorio Asl di Via Baracca. Il sesso del nascituro lo si evince infatti o con l’ecografia morfologica eseguita attorno alla ventesima settimana o con un esame chiamato villocentesi, che viene solitamente eseguito per valutare eventuali patologie gravi del feto. «La richiesta esplicita da parte di pazienti cinesi di una villocentesi entro i 90 giorni, non lascia adito a dubbi: se è femmina, vogliono ricorrere all’aborto. Io, in questi casi, non procedo con l’esame» commenta una ginecologa di un ospedale bresciano. Questo è invece il testo di un sms ricevuto da un ginecologo bresciano da parte di una mediatrice cinese: «Caro dottore, ti dico la verità, la cinese solo vuole sapere sesso di feto. Se ancora femmina, vuole interruzione». Cosa accada esattamente dopo questi colloqui tra medico e paziente, non lo si sa esattamente, soprattutto se il paziente «scompare». Probabilmente per eseguire una villocentesi privatamente (e assai salata) entro i 90 giorni e poi abortire legalmente presso qualsiasi centro autorizzato (entro i termini di legge, non è necessario addurre motivazioni particolari). Fin qui, siamo ancora nel campo della legalità. «Ma non ci meraviglierebbe affatto scoprire l’esistenza in Italia di cliniche cinesi clandestine, per interrompere la gravidanza anche dopo il termine previsto dalla legge (ne è stata scoperta e chiusa una a Brescia nel 2002, ndr)» affermano altri due addetti ai lavori con tanta esperienza di Cina alle spalle. Nonostante a Brescia non viga la legge del figlio unico, e non sia necessario affidarsi ai muscoli di un uomo per arare i campi e garantire la sopravvivenza della specie, i casi di aborto selettivo sarebbero frutto di una concezione della vita che la prima ondata migratoria cinese si è portata sino a qua. Con le nuove generazioni nate in Italia, ma anche semplicemente con i migranti arrivati negli ultimi anni, le cose sono assai cambiate. Ma la nuova mentalità non ha ancora conquistato tutti. E non si tratta nemmeno di un fenomeno sconosciuto in ambiente medico. Anzi. Affermano ginecologi e ostetriche: «Spesso scegliamo il silenzio sul sesso del nascituro, perché vogliamo tutelare la donna cinese: dato che già è vittima di un sistema culturale che la opprime, vogliamo evitarle di finire tra le mani di delinquenti».
Manuel Bonomi
Fonte: Corriere della Sera, 2 agosto 2012
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