Imponente protesta a Pechino contro il regime comunista
Con uno schieramento degno di piazza Tarhir, il punto focale della rivoluzione egiziana delle scorse settimane, l’apparato di sicurezza cinese ha messo in campo oggi tutta la sua forza per bloccare le proteste pro-democrazia lanciate attraverso internet da un gruppo di oppositori democratici che rimane misterioso.
Centinaia di agenti in divisa ed in borghese hanno bloccato sin dalla mattina i luoghi degli appuntamenti a Pechino, Shanghai e altre 18 citta’ minori indicate dai messaggi comparsi su internet. A Pechino gli agenti erano nervosi e spesso hanno fatto ricorso alla violenza, malmenando un cameraman americano e trattenendo un gruppo di giornalisti tra cui uno dei corrispondenti della BBC. Altri giornalisti sono stati
spintonati e minacciati dagli agenti, molti dei quali erano giovani in abiti civili che hanno rifiutato di qualificarsi.
La stessa sorte e’ toccata ad alcuni ignari turisti che si sono trovati a passare vicino al luogo dell’appuntamento, il ristorante McDonald sulla centrale via Wang Funjing, per recarsi alla non lontana Citta’ Proibita. Tra passanti, turisti, giovani che facevano lo “struscio”, impossibile dire chi fosse li’ per
la protesta e chi per altri motivi.
Analoga scena a Shanghai, dove l’appuntamento era davanti al Peace Cinema, accanto alla centralissima Tibet road nei pressi della piazza del Popolo (la piazza piu’ importante). Agenti con fischietti e megafono urlavano alla folla, che rispondeva con ‘Oh, oh, oh’. Non solo giovani: anche molti anziani hanno preso
parte alla protesta pacifica. Alla vista dei pochissimi cronisti stranieri, gli anziani sorridevano e alzavano il pollice come per dire ‘Va tutto bene’. “Riprendi tutto - ha detto un anziano
all’Ansa - il governo ha paura. La Cina non va bene”. “Dobbiamo venire qui sempre - ha aggiunto Lee, un giovane che aveva visto su internet l’appuntamento - ogni domenica, perche’ il governo ha paura di noi. E noi possiamo cambiare le cose”. “La Cina appartiene a noi, non ai governanti corrotti”, ha aggiunto ripetendo una frase comparsa nel secondo appello a manifestare dei misteriosi “rivoluzionari del
gelsomino”.
In un documento pubblicato dal sito web sino-americano Boxun, che ha negato la paternita’ dell’appello, i promotori della protesta hanno espresso soddisfazione per il risultato della prima “giornata dei gelsomini” di domenica 20 febbraio e hanno invitato i cittadini a manifestare pacificamente contro la dittatura e la corruzione tutte le domeniche. La paura instillata nei palazzi del potere dalle anonime chiamate a manifestare e’ stata evidente anche nell’iniziativa del premier Wen Jiabao, che oggi ha tenuto una “chat” su internet con i cittadini affermando tra l’ altro che “…Il nostro sviluppo economico ha l’obiettivo di rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini sul piano materiale e culturale e di rendere la loro vita sempre migliore”.
In una riunione dedicata agli avvenimenti del medio oriente che si e’ tenuta il 12 febbraio, il potente ufficio politico comunista ha raccomandato a “tutti i dipartimenti responsabili” di rafforzare il controllo su internet e su tutti i mezzi di “comunicazione sociale” usati con successo dai giovani arabi in rivolta. Da allora la rete ha subito forti rallentamenti e inspiegabili momenti di ingorgo.
Dopo la prima giornata di protesta cinque persone sono state arrestate per aver diffuso l’appello sulla rete e sembra che saranno processate per “sovversione”, la stessa accusa che e’ costata 11 anni di prigione al premio Nobel Liu Xiaobo. Si tratta del blogger Ran Yunfei, 46 anni, del manager di una compagnia di assicurazioni HuaCchunhui, 47 anni, dell’ex-leader studentesco Ding Mao, 45 anni, dell’attivista democratico Chen Wei, 42 anni e di una donna di nome Liang Haiyi. Tre avvocati democratici - Teng Biao, Jiang Tianyong e Tajng Jitian - sono scomparsi dalla scorsa settimana e si ignora la loro sorte.
Fonte: Ansa.it, 27 febbraio 2011
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