In occidente, i pazienti in lista d’attesa per un trapianto spesso non lottano solo contro la malattia, lottano anche contro il tempo. Negli Stati Uniti l’attesa media per un trapianto di cuore va dai sei ai dodici mesi.
È abbastanza comune che i pazienti in lista muoiano durante l’attesa.
Ma in Cina è completamente diverso. La disponibilità di organi non è un problema e gli ospedali hanno tempi di attesa brevissimi.
Così brevi che, in un caso pubblicizzato nel 2020, in soli dieci giorni dei medici hanno proposto a una donna cinese quattro cuori diversi tra cui scegliere.
Quattro cuori in 10 giorni
La notizia ha subito attirato l’attenzione del pubblico. La donna, di nome Ling-ling, era tornata in Cina dal Giappone per farsi operare. Dopo quattro giorni a Wuhan, un ospedale aveva trovato un cuore. Ma i medici hanno deciso di non usarlo perché l’organo non sembrava adatto.
Tre giorni dopo, è stato trovato un altro cuore. Ma la donna aveva la febbre e non poteva sottoporsi all’operazione. Quindi i medici hanno rinunciato anche al secondo cuore.
Sei giorni dopo, l’ospedale le ha proposto altri due cuori, e i medici hanno scelto quello con “le migliori funzioni cardiache”, per poi eseguire con successo l’operazione.
I media statali del regime cinese hanno enfatizzato la notizia, definendola un esempio di grande cooperazione tra Giappone e Cina. Ma hanno tralasciato qualcosa: nessuno ha rivelato dettagli sui donatori degli organi, escluso il terzo cuore, che pare provenisse da una vittima di un incidente a Guangzhou.
Anche l’emittente giapponese Fuji TV ha seguito la notizia, enfatizzando il recupero della donna e la sua felicità dopo l’intervento.
Ma di lì a poco, un certo numero di medici giapponesi hanno iniziato a esprimere i propri dubbi circa la provenienza degli organi.
Da dove provengono gli organi?
Qual è l’esatta provenienza di questi organi? I Paesi occidentali fanno questa domanda al regime cinese da quasi vent’anni. E ora l’industria cinese dei trapianti è cresciuta, diventando una delle più grandi al mondo, in appena un decennio.
Il contrasto tra i tempi di attesa negli Stati Uniti (oltre undici mesi per un fegato e più di tre anni per un rene) è molto evidente.
I lunghi tempi di attesa dipendono dal fatto che gli Stati Uniti si affidano a sistemi volontari di donazione di organi. Quindi, gli organi sono disponibili solo dopo la morte del donatore.
Ma in Cina avviene il contrario.
Come ha fatto notare l’avvocato canadese per i diritti umani David Matas – uno dei massimi esperti in materia – in Cina “I trapianti si possono prenotare in anticipo. Ma gli incidenti non avvengono in anticipo. Non si può prevedere un incidente”.
Il dottor Jacob Lavee, presidente dell’associazione israeliana dei trapianti, ha raccontato un episodio che gli è capitato alcuni hanni fa: “Un mio paziente, ricoverato nel mio reparto, in lista di massima priorità per un trapianto di cuore da quasi un anno, un giorno viene e mi dice: “Dottore, devo dirle che la mia assicurazione mi ha detto di andare in Cina tra due settimane. Devo sottopormi al trapianto di cuore in una data prefissata. L’ho guardato e ho detto: ‘Ma cosa dici!? Come fanno a programmare un trapianto di cuore in anticipo di due settimane?’. E lui: ‘Non mi interessa sapere altro. Mi hanno detto di fare così, e io lo faccio!’”.
In seguito il paziente del dottor Lavee è stato operato nella data prevista.
Oltre agli organi garantiti in anticipo, è noto che in Cina per procurarsi un organo bastano dalle 24 alle 72 ore. A dirlo sono gli stessi mass media cinesi.
I brevissimi tempi di attesa cinesi, hanno attirato pazienti da tutto il mondo. Tanto da rendere la Cina una delle prime destinazioni al mondo per il turismo d’organi.
E questa ‘industria’ in espansione si è dimostrata estremamente redditizia per il sistema sanitario cinese.
Mentre in Cina l’industria dei trapianti di organo è decollata, in Occidente è sempre più cresciuto l’allarme sulla loro provenienza.
Interrogate sulla provenienza, le autorità cinesi hanno dato spiegazioni sempre diverse.
All’inizio, dicevano che gli organi provenivano da donazioni. Ma come ha dichiarato Damon Noto, portavoce dell’ong Medici Contro il Prelievo Forzato di Organi: “La Cina non ha un vero sistema pubblico nazionale di donazione e distribuzione degli organi. Anche se hanno provato molte volte a farlo. La stessa Croce Rossa di Pechino dichiarava, nel 2011, che nei 20 anni precedenti, solo 37 persone in tutta la Cina si erano registrate come donatori. Nel Regno Unito, ad esempio, ci sono 18 milioni di donatori registrati”.
Generalmente si ritiene che questa reticenza dei cinesi a donare i propri organi abbia a che fare con la tradizionale credenza cinese della sacralità del corpo, che deve essere sepolto completamente intatto.
In seguito, il regime ha di nuovo cambiato versione sull’origine degli organi. Nel 2005, il vice ministro della salute cinese ha ammesso che oltre il 95% degli organi trapiantati provengono da prigionieri giustiziati. Ma quanti sono i prigionieri nel braccio della morte in Cina? Le autorità non rivelano questi numeri, coprendoli col segreto di Stato.
In più, ricercatori di tutto il mondo mettono in discussione i numeri ufficiali dei trapianti in Cina.
Puoi guardare il resto dell’inchiesta al seguente link: https://youtu.be/lQEIppK88Ro
Fonte: Epoch Times Italia, 30/06/2021
Commento di Gianni Da Valle, Arcipelago laogai: in memoria di Harry Wu
Nonostante le denunce e testimonianze emerse sull’espianto forzato di organi in Cina, la comunità medica e internazionale continua a chiudere gli occhi su questo immorale mercato
David Matas, il noto avvocato canadese per i diritti umani internazionale che ha trascorso molti anni alla ricerca di questo drammatico problema ha affermato nel 2020 durante una valutazione che la comunità internazionale dei trapianti non è riuscita a intraprendere azioni concrete sulla questione.
Di conseguenza, disse , la comunità medica si trova di fronte a “due realtà:” la prima, l’uccisione di massa in Cina di prigionieri di coscienza per i loro organi, e la “seconda è il fatto che fin troppi nella professione globale dei trapianti sono determinati a chiudere un occhio su questa prima realtà”.
Matas aggiunse che solo una “piccola minoranza dei professionisti dei trapianti a livello globale è disposta a fare qualsiasi cosa contro l’abuso di trapianti in Cina e che alcuni nella comunità globale dei trapianti stanno sostenendo la propaganda cinese” e vanno ripetendo acriticamente i punti di discussione del Partito che cercano di screditare le prove sul prelievo di organi di massa. Hanno fatto eco alla linea del Partito secondo cui la ricerca non è verificabile, sebbene sia verificabile e verificata oltre ogni ragionevole dubbio”.
Gli organi preposti, le agenzie internazionali dei trapianti dovrebbero prendere posizione su questo tema e parlare contro l’abuso dei trapianti di organi in Cina. I medici non dovrebbero indirizzare i pazienti trapiantati in altri paesi per un intervento chirurgico a meno che non si possano accertare oltre ogni ragionevole dubbio che il donatore di organi ha acconsentito liberamente e che non coinvolgono riceventi di organi da prigionieri di coscienza.
Uno studio del 2019 ha rilevato che più di 400 documenti di ricerca sui trapianti di organi in Cina pubblicati su riviste in lingua inglese sottoposte a revisione paritaria tra il 2000 e il 2017 potrebbero aver coinvolto organi prelevati da prigionieri di coscienza non consenzienti. Questi studi non hanno riportato se i donatori avevano dato il loro consenso, in violazione degli standard etici. (Fonte: The Epoch Times)