India, possibile attentato a Dalai Lama rafforzata protezione, fermati due giovani

L’allarme era stato lanciato dai servizi di informazione indiani secondo i quali un commando composto da sei cinesi stava cercato di infiltrarsi in India per raccogliere informazioni sulle attività dei tibetani in esilio e per attentare alla vita del Dalai Lama in occasione di un suo prossimo viaggio a Mumbai. Oggi l’avvertimento ha fatto scattare un immediato rafforzamento dei meccanismi di sicurezza a Bodh Gaya, il santuario buddista nello Stato indiano del Bihar, dove la Guida spirituale dei tibetani in esilio si trova dall’inizio dell’anno, e fino al 10 gennaio, per presiedere il rito di iniziazione del ‘Kalachakra’ a cui partecipano 200 mila persone. In serata sono stati arrestati due giovani che erano riusciti ad avvicinarsi al Dalai Lama utilizzando documenti di identificazione falsi. Il rapporto che parlava della minaccia era stato ottenuto e pubblicato dal quotidiano di New Delhi, Times Of India, e ipotizzava che dietro la macchinazione vi fossero i seguaci del monaco Dorje Shugden che da 400 anni si pongono come forza integralista e che sono in aperto contrasto con il quattordicesimo Dalai Lama (Tenzin Gyatso), dal 1959 insediatosi a Dharamsala (India settentrionale) dove opera anche un governo tibetano. Il Dalai Lama è contestato perché, dopo aver preso a partire dal 1970 le distanze da Shugden - descritto come una sorta di angelo/diavolo -, ne ha proibito il culto nel 1996 generando una resistenza da parte di migliaia di religiosi in Tibet subito sfruttata dalla Cina che li ha appoggiati e ne ha finanziato le attività. L’allarme lanciato dai servizi può fra l’altro essere messo in relazione con il fatto che proprio ieri, in un intervento nel santuario di Bodh Gaya, il Dalai Lama ha di nuovo attaccato il culto di Shugden sostenendo che “dopo aver conosciuto e compreso il dannoso impatto di venerare questa divinità è mio dovere sollecitare i fedeli a non seguirla”. L’intelligence indiana ha precisato che a capo dell’operazione vi sarebbe un cittadino cinese di origine tibetana di nome Tashi Phuntsok, accompagnato da cinque connazionali, probabilmente appartenenti ai servizi di informazione della Cina. “Un buon numero di cinesi - si legge nel rapporto - visitano l’India con un visto d’affari, ma sostanzialmente svolgono attività clandestine. E’ possibile che il gruppo segnalato voglia visitare zone proibite ai cinesi, come gli accampamenti dei tibetani in esilio”. Il responsabile della polizia di Gaya, Vinay Kumar, ha assicurato di aver “preso le minacce sul serio, rafforzando il presidio di sicurezza attorno a Sua Santità”. La zona del santuario, che secondo la tradizione è il luogo dove Buddha ha raggiunto l’Illuminazione (Bodhi), è zona con una forte presenza della guerriglia maoista indiana. Poche le notizie sui due giovani fermati. Il commissario Singh si è limitato a indicare che uno dei due è originario dello Stato indiano di Himachal Pradesh.

Fonte: Repubblica.it, 10 gennaio 2012

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