La Cina delocalizza in Africa in cerca di manodopera low cost
La crescita economica in Cina rallenta anche se il primato mondiale non è a rischio. Ma al governo di Pechino non basta e il premier assicura che l’azione sarà concentrata soprattutto su l’obiettivo di una crescita maggiore. Da parte loro, le imprese del colosso asiatico, per ridurre i costi di produzione, guardano all’Africa, per approfittare del basso costo della monodopera e del prezzo di alcune materie prime, con l’obiettivo di esportare in Occidente. La locomotiva cinese ha rallentato da una crescita del 10,4% del 2010 al 9,2% dell’anno scorso sino all’8,1% del primo trimestre di quest’anno (rispetto al +10,4% dello stesso periodo del 2011). La produzione industriale è aumentata in aprile ma sotto le previsioni, le esportazioni si riducono e gli investimenti stranieri sono diminuiti, sempre in aprile, per il sesto mese consecutivo. Insomma, la Cina subisce i contraccolpi della crisi economica mondiale e il premier Wen Jiabao - secondo quanto riporta Bloomberg che cita l’agenzia cinese Xinhua - assicura che «la stabilizzazione della crescita economica del Paese occupa la posizione più importante» fra le priorità del Governo. E se la Cina è l’approdo delle imprese occidentali che puntano a ridurre i costi di produzione, a sua volta guarda alla ancora più economica Africa. Il continente nero è ormai terra di investimenti per i capitali cinesi finalizzati allo sviluppo di infrastrutture e per l’insediamento di fabbriche. Come in Etiopia, dove la prima fabbrica con capitali cinesi è di Huajian, uno dei più importanti produttori di scarpe che intende investire fino a due miliardi di dollari per produrre scarpe da esportare in Europa e Nord America. Costruita a Dukem, a 30 chilometri a sud di Addis Abeba, in una zona industriale in pieno sviluppo, impiega un centinaio di operai etiopi, che sotto la supervisione di capisquadra cinesi, lavora il cuoio per realizzare scarpe. Fra i vantaggi ci sono basso costo della manodopera indigena, della materia prima, il cuoio, benefici fiscali per quattro anni, aree edificabili a buon mercato ed elettricità gratis. Avviata nel 2009 e una volta completata nel 2014, per un costo di 250 milioni di dollari, la zona industriale ospiterà 80 fabbriche offrendo 20mila posti di lavoro. Da parte sua, l’Etiopia guadagna una diversificazione di attività, oggi prevalentemente agricola.
Fonte: La Stampa, 21 maggio 2012
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