La Cina punta sull’Europa. “Serve una muraglia per fermarli”.
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Roma, 7 giugno 2016 - Un investitore miliardario si aggira per l’Europa: è la Cina. È pronta a comprare tutto, in Italia persino Inter e Milan. In Germania i cinesi hanno messo gli occhi sul colosso Kuka, numero uno della robotica.
I giganti che arrivano dall’Asia avanzano nell’economia di tutto il continente, concentrando le loro attenzioni in modo ormai costante su settori strategici, come l’energia, le reti, le banche, le assicurazioni . Ma la risposta politica a questa avanzata è diversa paese per paese. Se in Francia, Pechino deve scendere a patti con l’orgoglio nazionale, in Italia la regola pare essere il liberi tutti. Lo Stato osserva e non interviene.
In Francia il caso di cronaca è quello di AccorHotel, uno dei principali gruppi alberghieri del mondo. I cinesi di Jin Jiang avrebbero intenzione di passare dall’attuale 15 al 29%, a un passo dalla soglia che comporta l’offerta pubblica sull’intero capitale. L’ipotesi, però, ha causato un’alzata di scudi nel paese. Addirittura, il Governo di Parigi si starebbe muovendo per scongiurare la cessione.
All’orizzonte potrebbe esserci un accordo simile a quello che pochi anni fa ha portato la cinese Dongfeng a entrare in Psa Peugeot Citroen: dopo una lunga trattativa, lo Stato si è preso una quota identica al partner asiatico, intorno al 14%, per tenerlo sotto controllo. E la Francia non è la sola a muoversi in questo modo. Un caso molto simile si sta verificando in Germania. Midea, il più grande produttore cinese di elettrodomestici, ha lanciato un’offerta pubblica da quasi cinque miliardi per acquisire il 30% di Kuka, azienda tedesca che produce sistemi di automazione industriale. In risposta a quest’azione, il governo di Berlino si starebbe muovendo per mettere insieme una cordata di investitori europei, che possa respingere l’assalto. Insomma, se non si può parlare di barricate poco ci manca. Cosa accade, invece, in Italia? L’anno scorso il gigante della chimica ChemChina ha messo le mani su Pirelli. Allungando un elenco di partecipazioni cinesi che nel nostro paese è già parecchio corposo.
La Banca Centrale cinese detiene il 2% di Telecom e percentuali simili in Eni, Enel, Generali, Intesa San Paolo. State grid corporation of China, la più grande società elettrica del mondo, controlla indirettamente il 35% di Cdp Reti: si tratta di una partecipazione strategica, dal momento che la società di Cassa depositi e prestiti possiede circa il 30% di Snam e Terna, i gruppi italiani che possiedono le reti di gas ed elettricità. Senza dimenticare che nel 2014 Shanghai Electric ha acquistato il 40% di Ansaldo Energia. E che nel 2012 il gruppo Ferretti, tra i più grandi produttori di yacht al mondo, è passato in mano cinese. “Il liberi tutti non è l’atteggiamento corretto – spiega l’economista Alberto Forchielli –. Negli Stati Uniti c’è un organo che vaglia quando c’è un problema di sicurezza nazionale nell’acquisizione. In questo l’Europa è molto debole”. Per Giovanni Fiori, ordinario di economia aziendale alla Luiss di Roma, “ci sono settori dove chiunque investe è il benvenuto, purché non danneggi il nostro sistema. Ma ce ne sono altri nei quali viene messa in discussione la sicurezza nazionale. In quel caso è opportuno guardare all’interesse del paese”. La sirena è suonata. L’avanzata cinese non arretra.
Quotidiano.net,07/06/2016
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