La criminalità organizzata nelle serre gestite da cinesi

REGGIO EMILIA. Tutto comincia il 6 novembre del 2015, quando nel verificare la residenza di un cittadino cinese, in un casolare di via Cervi a Castelnovo Sotto, la polizia si imbatte in 770 piante di marijuana. È la prima volta nella storia della provincia reggiana che un cittadino asiatico viene accostato al traffico di stupefacenti.

Ma da quell’episodio tutto è cambiato. Come in un gigantesco vaso di Pandora, una volta levato il coperchio sono sgusciati fuori altri casi identici, tutti nella Bassa reggiana e tutti con le stesse caratteristiche tecniche: identica disposizione della piante, identica illuminazione, identica modalità di impacchettamento, identici vasi.

Polizia, guardia di finanza, carabinieri, Municipale, le indagini delle forze dell’ordine reggiane hanno rivelato un fenomeno inedito per il nostro territorio. Quello dell’ingresso dei cittadini cinesi nella coltivazione e produzione di marijuana. Il 28 novembre 2016 a Novellara i carabinieri ne hanno scoperto una vera e propria fabbrica suddivisa per reparti produttivi (coltivazione, irradiazione ed essicazione) in tre piani con 1.600 piantine e due quintali di droga. Pochi giorni prima, il 17 novembre, la Municipale di Reggio e della Bassa reggiana a San Rocco di Guastalla, in un casolare, hanno trovato 668 piante in vaso e altrettanti vasi con radici pronte per la crescita. E infine, in una cronologia che tiene conto solo di alcuni casi principali, il 23 marzo la Finanza ancora a Novellara ha sequestrato 3.208 esemplari di marijuana cresciuti grazie un impianto che avrebbe potuto illuminare, ogni giorno, circa 1.500 abitazioni. In tutti questi casi, però, i cittadini cinesi trovati sul posto erano poco più che guardiani, spesso irregolari e incapaci di pronunciare una parola di italiano. Sicuramente incapaci di mettere in piedi una filiera della droga strutturata, precisa e metodica che ha necessitato, per essere messa in piedi, di notevoli investimenti e dalla manodopera di operai specializzati.

La mano della criminalità organizzata, quindi, sembra essere più che una certezza. Anche perché, oltre alla produzione, la marijuana deve poi essere nascosta, trasportata, rivenduta, distribuita. E per farlo servono uomini, contatti e soprattutto organizzazione.

Di che tipo di criminalità si tratti, tuttavia, resta ancora un mistero. Quello che è certo è che i cinesi “agricoltori” sono ormai una realtà nel Reggiano così come in gran parte del Nord Italia. Dove i capannoni tessili vengono riconvertiti in più redditizie serre. (l.g.)

Gazzetta di Reggio,10 febbraio 2017

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