La difesa dei diritti umani, l’uccisione dei praticanti del Falun Gong per i loro organi
Discorso per la consegna del premio da parte del Forum nazionale dei mediatori, Milano, 19 giugno 2013.
Vi ringrazio per questo premio. L’attivismo nei diritti umani è un compito difficile, dal momento che mette le vittime e i loro avvocati contro gli Stati potenti. I colpevoli usano la violenza. Gli attivisti per i diritti umani usano le parole.
Non tutti gli avvocati per i diritti umani devono far fronte allo stesso livello di difficoltà. Alcune sfide sono più grandi di altre.
Ci sono almeno cinque fattori che hanno un impatto sul grado di difficoltà a cui un avvocato per i diritti umani deve far fronte. Uno è il potere del colpevole. Ad un colpevole potente è molto più difficile far cambiare idea rispetto ad uno debole, marginale con un’incerta presa sul potere. I colpevoli potenti hanno molti amici, sedotti dalla loro ricchezza e dalla loro forza.
Un secondo fattore è la vicinanza delle vittime. È più facile mobilitare una qualsiasi persona a sollevarsi per i diritti di coloro che sono vicini piuttosto che di coloro che sono lontani, per coloro che sono più simili rispetto a quelli che sono più distanti per lingua e cultura. L’individuo può maggiormente immedesimarsi con la vittima a lui più vicina, comprendendo la minaccia della diffusione di una tale violenza. Con le vittime più lontane, la minaccia sembra più remota e l’empatia più difficile da stimolare.
In una battaglia solitaria contro un avversario potente, ogni supporto è il benvenuto.
Quello da parte di mediatori è particolarmente prezioso. I mediatori conoscono il valore della parola
Il terzo fattore è la visibilità della violazione. Un vecchio detto dice: Se c’è sangue, vende. La visibilità dell’orrore mobilita la propria opposizione. Una storia di diritti umani senza la testimonianza della vittima, senza nemmeno un video sulla vittimizzazione è una storia difficile da trasmettere.
Un quarto fattore è l’ampiezza, la profondità e l’intensità dell’incitamento all’odio che il colpevole dirige nei confronti delle vittime. Alcuni colpevoli praticano le brutalità senza parole. Non si preoccupano di giustificare agli estranei la loro crudeltà, solo affermando che si tratta di un affare interno, supponendo che la repressione da sola sia tutto ciò di cui hanno bisogno per affermare il loro potere. Questi sono i colpevoli contro i quali è facile mobilitare l’indignazione.
Altri colpevoli nascondo le loro vittimizzazioni dietro cumuli di menzogne. Gli stranieri possono avere difficoltà nell’orientarsi tra la realtà e la finzione, tra il reale e il fantasmagorico. La difesa dei diritti umani di fronte all’incitamento all’odio è più di una semplice campagna contro la brutalità; è necessario decifrare il discorso del colpevole per spiegare la campagna d’odio diretta contro le vittime….[….]
Fonte: David Matas
Per leggere l’intero discorso di David Matas:
The Epoch Times Italia, 21 Giugno 2013
Articoli correlati:
Condividi:
Stampa questo articoloCondizioni di utilizzo - Terms of use |
---|
Potete liberamente stampare e far circolare tutti gli articoli pubblicati su LAOGAI RESEARCH FOUNDATION, ma per favore citate la fonte. |
Feel free to copy and share all article on LAOGAI RESEARCH FOUNDATION, but please quote the source. |
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Internazionale. |