Politica del figlio unico

Si possono avere liberamente i figli in Cina? Come viene risolto il “problema delle nascite”

Il genocidio di Stato in Cina e le sue origini

Ancora oggi, nel 2012, fra le tante libertà represse nella Cina post-olimpica, non è consentito ai genitori di avere il numero desiderato di figli. Anche per sposarsi e per mettere al mondo un figlio è obbligatorio ricevere una licenza speciale emessa dal governo. Di conseguenza, la legge repressiva sulla pianificazione familiare causa decine di migliaia di sterilizzazioni e aborti forzati all’anno (solo nella provincia di Guangdong sono state sterilizzate quasi 10.000 persone). Il Governo cinese si vanta infatti di aver “evitato”, dalla prima introduzione della politica del figlio unico nel 1979, ben 400 milioni di nascite. Il rapporto del 2008 del Dipartimento di Stato americano sui «Diritti umani in Cina», pubblicato il 25 febbraio 2009, denuncia il caso di funzionari dell’Ufficio della pianificazione familiare della provincia di Henan che nel mese di marzo arrestarono una giovane non sposata di 23 anni, al settimo mese di gravidanza.

Gli uomini legarono la ragazza al letto e uccisero il nascituro. Nel suo discorso al Parlamento Europeo il 2 dicembre 2008, Reggie Garcia Littlejohn*, professoressa americana esperta nella politica del figlio unico in Cina, descrive il caso di Jin Yani, una giovane donna incinta di nove mesi, che è stata sottoposta ad aborto forzato per aver portato avanti una gravidanza senza avere il permesso, nonostante attendesse il suo primo figlio. I casi come quello di Jin Yani non sono rari in Cina. Altri esempi sono stati descritti in un articolo del 15 febbraio 2009 da Michael Sheridan sul Times on line. Sheridan racconta la storia di Zhang Linla, madre di una bambina di quattro mesi, costretta ad abortire il suo secondo figlio. Un’altra storia del settembre del 2008 è ancora più orribile; tratta un caso di infanticidio nel Wunan. Un contadino di nome Huang Qiusheng racconta della moglie che, giunta al nono mese di gravidanza, aveva partorito regolarmente nonostante avesse già subito un aborto forzato mediante un’iniezione nell’utero. I poliziotti erano presenti al parto e hanno subito gettato il neonato in un gabinetto pubblico. Il giorno seguente Liu Zhuyu, una donna anziana che aveva udito le grida del bambino, lo prese, lo lavò e lo portò all’ospedale al reparto neonatale. Intervennero cinque funzionari dell’ufficio di pianificazione familiare, afferrarono il bambino e lo uccisero sbattendolo violentemente sul pavimento. Nel luglio 2010 una giovane donna è stata rapita e sterilizzata a forza dai membri dell’Ufficio per il controllo della popolazione. Ancora nel 2010 vi sono stati ulteriori casi: ad aprile un docente universitario è stato arrestato perchè “colpevole” di aver avuto un secondo figlio; a settembre un docente di scienze politiche ha deciso di mettersi in vendita per poter pagare la multa salatissima, imposta dal governo cinese, per aver dato alla luce una seconda figlia.

La legge cinese prevede anche eccezioni. Per esempio le coppie contadine, se hanno avuto come primo figlio una bambina, possono facilmente avere un secondo figlio, nella speranza che nasca un maschio. I ricchi e i burocrati del partito possono permettersi, dietro pagamento di multe salatissime, di avere più di un figlio.

A fronte di tutto ciò, ogni anno migliaia di donne cinesi decidono di andare a partorire negli USA, aiutate da agenzie specializzate.

Slogan a favore della politica del figlio unico in Cina.

Alcuni recitano: Your Home will be destroyed and your cows taken away if you dont abort. “La tua casa sarà distrutta e le tue mucche portate via se non pratichi l’aborto

Inoltre due genitori, se entrambi figli unici, possono spesso avere un secondo figlio. Dopo il terremoto nella provincia del Sichuan del maggio del 2008, il regime ha attenuato le strette regole della politica del figlio unico e ha concesso alcune eccezioni per le famiglie vittime della catastrofe:
1) se è morto il figlio unico nel terremoto, la famiglia è autorizzata ad averne un altro;
2) se la moglie è stata sterilizzata, il partito invierà un medico per cercare di invertire e annullare la sterilizzazione;
3) se il figlio «legale» è morto e la coppia aveva un secondo figlio «illegale», quest’ultimo potrà diventare «legale».

Queste «concessioni» rappresentano anche un’ ennesima conferma di una serie di fatti. Primo, che le coppie cinesi debbono avere un permesso ufficiale per avere figli. Secondo, che il regime cinese attua le sterilizzazioni e gli aborti forzati e, terzo, che si è creata una popolazione di milioni di «bambini illegali», che non esiste ufficialmente, a cui non sarà permesso di andare a scuola, sposarsi o lavorare e, quindi, sarà senza futuro. Un avvocato dei diritti umani, Huang Qi, venne arrestato per avere difeso i diritti delle vittime del terremoto con l’accusa ufficiale di «possedere illegalmente segreti di stato». Chi si batte per i diritti delle donne e dei bambini in Cina viene perseguitato. Chen Guang Cheng, avvocato auto-didatta e attivista per i diritti umani di 37 anni, non vedente, si è battuto contro la campagna di aborti forzati imposta dal regime cinese nella provincia dello Shandong ed è tuttora in prigione. Mao Hengfeng, una donna di 47 anni ha lottato contro la politica del figlio unico fin dagli anno ottanta. Mao è stata arrestata varie volte, ha perso il posto di lavoro, ha subito un aborto forzato e, nel 2004, è stata anche internata in un laogai per un anno e mezzo, dove ha subito abusi e torture. Secondo un’indagine della Commissione Nazionale per la Pianificazione Familiare, il 70,7% delle donne cinesi desidera avere due o più figli e l’83% delle donne desidera avere almeno un maschio e una femmina. Tale risultato è piuttosto sgradito alle autorità, che hanno sempre cercato di presentare la politica del figlio unico come una pratica volontaria della popolazione, negando di forzare le donne ad abortire o ad essere sterilizzate. La politica del figlio unico causa altre violazioni dei diritti umani e gravi problemi sociali: eccidio di bambine, traffico delle donne e schiavitù sessuale, suicidio delle donne, furti di bambini, adolescenti senza esistenza legale, problemi di salute per le donne, bambini abbandonati, rivolte popolari e violenze, discriminazione delle minoranze e l’invecchiamento della popolazione (come denuncia l’inchiesta lanciata il 15 marzo 2010 dall’ inglese Economist). Quest’ultimo fatto preoccupa i funzionari del partito comunista poichè temono che «l’economia soffrirà se vi saranno meno lavoratori e più anziani da mantenere». Quindi, secondo l’opinione delle autorità cinesi, il problema non è la crudele pratica delle sterilizzazioni e degli aborti forzati ma il danno che ne potrebbe derivare all’economia. Infatti, nella Cina di oggi tutto è permesso nel nome del nuovo dio: il profitto. Quindi, in nome dell’utile e del lucro, è lecito inquinare le terre, i fiumi, i mari e l’atmosfera, sfruttare donne e bambini, costretti al lavoro forzato nei laogai per produrre a costo zero a vantaggio economico del regime e delle multinazionali, guadagnare sulla vendita degli organi dei condannati a morte e sfruttare i minatori e i lavoratori che muoiono a migliaia ogni anno a causa della mancanza di misure minime di igiene e di sicurezza. Tutto ciò in nome del dio denaro e in ossequio allo slogan lanciato da Den Xiaoping «arricchirsi è glorioso». Nonostante ciò, come abbiamo dovuto testimoniare durante la recente visita di Hu Jintao in Italia, le autorità politiche ed economiche nazionali e internazionali continuano imperterrite a collaborare con Pechino. Purtroppo, molti in Occidente pensano che in Cina vi siano troppi abitanti e che una riduzione delle nascite, anche se praticata in modo crudele, sia necessaria, perché si vuol far credere che le risorse naturali del mondo siano limitate e sia permesso solo lo sviluppo sostenibile. La cosiddetta sostenibilità si riferisce infatti all’uso limitato delle risorse della terra, per non pregiudicare, a causa della loro scarsità, il benessere dei popoli. Il precursore di queste teorie era Malthus. Tuttavia, le sue previsioni non si sono realizzate e sono state anzi contraddette dalla storia. Infatti, mettendo da parte le considerazioni etiche, l’idea dello sviluppo sostenibile risulta sbagliata anche dal punto di vista economico. In effetti la stragrande maggioranza delle fonti utili non consiste in un quantitativo prefissato erogato dall’ambiente naturale, ma dipende e varia secondo la creatività e la capacità produttiva dell’uomo. Per esempio fra le risorse naturali – quali i pascoli e il suolo agricolo, lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche di rinnovabilità dipendono dall’abilità e dalla cura del coltivatore. È vero che esistono risorse come il petrolio che non sono rinnovabili, ma ci sono numerose alternative al problema delle fonti energetiche come il sole, il vento, i salti d’acqua, ecc. Disponiamo sempre di risorse alternative nel creato. È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa e aumenta le risorse a disposizione, anche e soprattutto per mezzo della crescita della popolazione. Fra le numerose cause della caduta dell’impero romano una fu proprio la riduzione della natalità e la conseguente crisi demografica. Al contrario, il grande sviluppo culturale e socio-economico delle città cristiane intorno all’anno Mille si dovette alla crescita demografica. Il problema non è nella mancanza di risorse, ma nel loro controllo e nella loro distribuzione che sono sempre più nelle mani di un numero ridotto di persone. Ricordiamo per esempio, lo strapotere delle multinazionali come Cargill, Louis Dreyfus, Archer Daniel Midland e Monsanto nella produzione e trasformazione dei prodotti agricoli in Italia e nel mondo. In Occidente viviamo in una società dove lo spreco è enorme. Quello spreco alla cui origine stanno la sovrapproduzione e i bisogni non necessari, creati artificialmente dal consumismo. È logico che si sperperino o si distruggano milioni di tonnellate di derrate, mentre decine di milioni di persone muoiono di fame ogni anno? Non vi è qualcosa di profondamente sbagliato in un’economia basata nello stesso tempo sullo spreco e sulla scarsità? Anche in Occidente si idolatra il dio denaro. Viviamo in un mondo dove imperano l’edonismo, l’individualismo e l’utilitarismo, un mondo dove non è giusto ciò che è giusto ma è giusto ciò che conviene, perché regna un relativismo assoluto. Molti giungono alla conclusione che è sempre stato così e che quindi non c’è da meravigliarsi. Il denaro ha sempre controllato il mondo, dicono. Ciò non è vero. Nel mondo classico era stabilita una predominanza di valori religiosi, morali ed etici. Durante le Olimpiadi nell’antica Grecia cessavano le guerre e non si uccidevano persone. Nelle città cristiane dell’alto medioevo esistevano una grande solidarietà sociale e un’elevata concezione del bene comune, che erano realizzate attraverso le responsabilità sociali e ambientali delle corporazioni, gli aiuti ai poveri e agli anziani. La ricchezza non era tenuta in considerazione solo nell’ottica del profitto e del tornaconto personale. In breve, era presente una visione della vita antitetica alla moderna ansia di acquisire con ingordigia e di indirizzare le proprie azioni verso il conseguimento della ricchezza materiale. A conforto di questa nostra opinione possiamo anche invocare la testimonianza dello stesso Karl Marx che ne scrisse nel suo «Forme di produzione precapitalistiche». Anche nel Novecento molti sono stati gli episodi in cui i principi morali ed etici hanno prevalso su tutte le altre considerazioni di carattere materiale. Un esempio per tutti: alla fine degli anni Ottanta, l’unanime grande indignazione per il Massacro di Piazza Tien An Men portò anche all’embargo sulla fornitura delle armi alla Cina. Quindi è errato credere che la comunità internazionale sia sempre stata moralmente assente. Temo che l’umanità, anche se in buona fede, sia rimasta vittima delle teorie liberiste, che hanno promosso una concezione della società ispirata all’utilitarismo, all’individualismo e al materialismo, ai cui eventuali disordini avrebbe riparato la mano invisibile del mercato. Tali teorie hanno ridotto l’oggetto delle attività economiche alla ricchezza materiale, allontanando l’economia dalle finalità anche etiche della società e identificando il fine economico con l’egoismo individuale. Oggi sussiste anche una grande confusione sull’economia. Economia deriva dal greco òikos nòmos, era cioè la legge per governare la casa che, con l’avvento della pòlis, divenne economia politica. Fino ai fisiocrati del XVII secolo l’economia era una scienza globale, che studiava l’utilizzazione delle risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi, che potevano essere diversi, materiali o etici. Sono stati gli economisti classici come Adam Smith e David Ricardo prima, e Karl Marx dopo, che hanno ridotto l’economia a una scienza settoriale, il cui scopo era principalmente il tornaconto, il vantaggio materiale e utilitaristico. Infatti le loro scuole sostenevano che per liberare veramente l’uomo bisognava cancellare «ogni pressione morale e religiosa». Il costo umano di queste teorie lo abbiamo constatato dopo duecento anni: centinaia di milioni di morti a causa di rivoluzioni, repressioni, bombardamenti indiscriminati, fame e carestie, internamento e assassinio nei lager, gulag e laogai, più innumerevoli altri milioni di bambini direttamente uccisi nell’utero delle madri. Probabilmente è stato a causa di questa comune visione materialista della vita che il grande capitale ha sempre collaborato con i regimi comunisti. Solzenicyn dichiarò varie volte che il regime sovietico si reggeva solamente grazie all’aiuto tecnologico e finanziario dell’Occidente. Lo stesso vale per la Cina capital-comunista di oggi. Nel suo libro Vodka Cola il famoso sindacalista americano Charles Levinson denunciò come, sin dagli anni Venti del secolo scorso, le banche americane ed europee collaboravano con il regime sovietico per produrre nei gulag e vendere in Occidente, costringendoci a toccare con mano che il capitalismo e il comunismo sono due facce della stessa medaglia. In una società sana sussistono, innanzitutto, principi etici che trascendono la vita umana e che vengono trasformati in obiettivi pratici dalla politica. L’economia studia l’utilizzo delle risorse disponibili per raggiungere i fini politici comuni. La statistica e la finanza sono semplici strumenti dell’economia. Oggi è tutto al contrario! Le origini per così dire filosofiche della pianificazione familiare sono, quindi, l’utilitarismo e l’edonismo, che Amintore Fanfani e Francesco Vito, nei loro testi di economia, chiamavano giustamente «spirito capitalista». Questo spirito, o interpretazione della realtà, è stato presente durante la storia in tutte le società ma, in alcuni casi, è stato tenuto sotto controllo dalla forza morale dello Stato e dalla solidarietà sociale della comunità. In altri casi, come accade oggi, risulta preponderante. Quello che succede attualmente in Cina è solo l’estrema razionalizzazione del liberismo, per il quale l’uomo è solo un’unità produttiva e consumatrice da sfruttare, senza nessun riferimento a principi morali e non economici. Rendiamoci quindi conto che tutto ciò che riconosciamo essere immorale si rivelerà, presto o tardi, controproducente anche in termini pratici ed economici.

Quale è la risoluzione che dobbiamo adottare? Credo che la battaglia vedrà tempi lunghi, poiché è veramente necessaria una rivoluzione di valori. Alle nuove generazioni sono stati trasmessi modelli di vita basati unicamente sul soddisfacimento materiale. Oggi è considerato giusto ridurre la produzione per aumentare i prezzi, la pirateria informatica è cosa «furba», ciò che conta è guadagnare soldi a ogni costo. Al contrario, bisogna educare i giovani ai valori eterni di onestà, generosità, lealtà, giustizia e spiegare loro il rimorso, l’esame di coscienza, l’idea di sufficienza e la cognizione che la libertà e il denaro sono mezzi e non obiettivi ultimi della vita. L’umanità deve riconquistare una visione trascendente della vita. Deve riscoprire la dignità della persona per liberarsi dall’angoscia della ricerca continua e mai soddisfatta della ricchezza materiale. Così l’uomo potrà vivere tempi nuovi all’insegna di valori, come il piacere di fare e dare senza tornaconto, che lo renderanno veramente felice e degno del suo nome. Solo così avremo un giorno un mondo con maggior giustizia sociale e leader politici capaci di individuare le giuste priorità.

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D a n o t ar e

Strage di innocenti, la politica del figlio unico in Cina

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