LA SPEZIA, scoperto falso “Made in Italy” su attrezzature per officina importate dalla Cina
La Spezia - Dopo il sequestro di funghi di produzione cinese falsamente indicati come prodotti originari del sottobosco del Bel Paese, non si ferma l’attività volta alla tutela del “Made in Italy” ad opera degli organi di controllo del porto della Spezia.
I militari del Gruppo Guardia di Finanza della Spezia, unitamente al personale della locale Agenzia delle Dogane hanno portato a termine un’importante operazione di polizia giudiziaria mediante la quale sono riusciti a smascherare un’impresa emiliana che importava e distribuiva sul mercato prodotti cinesi solo dopo averli accuratamente etichettati con il marchio “Made in Italy”.
In particolare il personale, a seguito di un primo controllo ispettivo eseguito su attrezzature per officina importate da una società molto conosciuta nel settore, insospettiti dall’imballaggio anonimo, hanno ritenuto opportuno svolgere alcuni approfondimenti.
I riscontri effettuati tramite le banche dati e lo scrupoloso incrocio delle informazioni da esse estratte, permettevano di appurare che quella che sul sito aziendale veniva vantata come produzione esclusivamente italiana, con tutti i pregi che ne possono derivare, non era poi così “esclusiva”; infatti erano numerose le importazioni di articoli dalla Cina.
Tuttavia, essendo la normativa comunitaria sull’origine delle merci abbastanza complessa, questo primo riscontro non sarebbe bastato agli investigatori per contestare la falsa indicazione del “Made in Italy” apposta sulle attrezzature cinesi.
Pertanto i finanzieri ed i doganieri hanno eseguito numerosi e minuziosi controlli sulle attrezzature importate e esportate dalla stessa società, procedendo anche allo smontaggio ed al riassemblaggio di tutti i componenti.
Solo così è stato accertato che, ad esempio, le pompe poi destinate dall’azienda al mercato ex Ue (dove su ogni singolo pezzo era riprodotto il marchio “Made in Italy” nonché sul packaging e addirittura sullo nastro adesivo) erano le stesse importate pochi giorni prima.
Non solo, nel corso delle indagini è stato appurato che, una volta sdoganata, la merce non raggiungeva i magazzini della società importatrice ma veniva stoccata direttamente presso un’impresa lombarda, specializzata nel settore del confezionamento, dove veniva effettuato un vero e proprio “restyling” mediante l’apposizione di etichette e la realizzazione di un nuovo imballo che ne attestavano l’italianità del prodotto.
Quelli che inizialmente erano solo dei dubbi investigativi nati dall’intuizione della polizia giudiziaria venivano corroborati da una proficua attività info-investigativa sfociata nel sequestro, presso il porto spezzino, di quasi 5.000 prodotti pronti ad essere spediti e commercializzati nei mercati esteri, nonché nella denuncia di tre soggetti per concorso e vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
La successiva attività di perquisizione svolta presso le aziende interessate ha consentito il sequestro di oltre 40.000 articoli recanti l’etichettatura “Made in Italy” e l’acquisizione di ulteriori elementi di prova a danno degli indagati. La frode operata con tali artifizi, non solo rischiava di produrre un danno all’immagine del nostro Paese qualora gli articoli commercializzati non avessero rispettato determinati parametri qualitativi, spesso disattesi dai fabbricanti cinesi; tale imbroglio, concepito al solo scopo di ottenere il maggior utile con il minor costo, avrebbe soprattutto generato una concorrenza sleale nello specifico settore.
A subirne le conseguenze negative sarebbero stati principalmente quegli imprenditori che producono in Italia in ossequio alle norme, nonché l’intero “Sistema Italia”. E’ difatti l’intero sistema ad essere danneggiato quando, come nel caso di specie, una società che decanta una produzione “Made in Italy”, pubblicizzando le qualità lavorative e vantando l’esperienza dei propri operai specializzati, è in realtà priva di una qualsiasi linea produttiva e non fornisce alcun contributo alla creazione di posti di lavoro.
Città della Spezia,05/12/2014
Articoli correlati: E anche il porcino diventa cinese: sequestrati a Spezia, spacciati per italiani
Articoli correlati:
Condividi:
Stampa questo articoloCondizioni di utilizzo - Terms of use |
---|
Potete liberamente stampare e far circolare tutti gli articoli pubblicati su LAOGAI RESEARCH FOUNDATION, ma per favore citate la fonte. |
Feel free to copy and share all article on LAOGAI RESEARCH FOUNDATION, but please quote the source. |
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Internazionale. |