La visita di Napolitano in Cina: «Avanti con le riforme»
Il presidente cinese Hu Jintao lo ha definito «lungimirante», che per un uomo di 85 anni è un grande complimento. Ma Giorgio Napolitano s’è forse più commosso al ricordo di cosa rappresentò per la sua generazione di ragazzo del Pci, aveva 24 anni, la nascita della Repubblica popolare cinese proclamata da Mao e il «significato liberatorio» della Lunga marcia. Oggi Pechino riconosce lungimiranza al capo dello Stato. In tal modo cementando uno stretto e caloroso rapporto con l’Italia che non passa solo attraverso la collaborazione economico-culturale. Ma c’è un’intesa politica e un orizzonte che Napolitano ha tratteggiato sia con Jintao che davanti alla Scuola del Partito comunista. Ed è il succo di questa visita ufficiale in Cina: intanto la voglia di cercare rapporti più stretti con l’Europa, visto che «il mondo globalizzato del XXI secolo offre un terreno pressochè illimitato di collaborazione euro-cinese». Poi il pressing sulla Ue perché finalmente si riconosca a Pechino lo status di economia di mercato, con il capo dello Stato che nota lamentandosi: «Tra due anni la Cina entrerà nel Wto, così rimmarrà agli atti che l’Europa fino all’ultimo ha detto ciecamente di no». Una frecciata a chi, come la Germania, tenta di procrastinare il riconoscimento pur di tenere a bada il dragone cinese. Ma l’incoraggiamento più esplicito e roboante a Pechino arriva sul fronte spinoso dei diritti umani. Napolitano bolla come «stravagante» l’idea di un gruppo di premi nobel della pace di imporre al prossimo G20 di Seul la discussione su Liu Xiaobo, il nuovo nobel cinese chiuso in prigione e isolato. Il capo dello Stato è nettissimo: è venuto in Cina, dice, per «guardare avanti» e non per «puntare il dito» su una questione specifica, mentre si riconosce al governo cinese lo sforzo di «miglioramento della democrazia». «Ma con tutto il rispetto per i premi nobel per la pace, nulla di più stravagante sarebbe porre una questione di quella natura al G20». «Ovviamente c’è la libertà di essere stravaganti, soprattutto al massimo livello dal punto di vista dei premi internazionali, ma questo non fa parte della politica, certamente non della politica internazionale dell’italia». Ben altri problemi, come la crisi mondiale, sono in scaletta a Seul. E comunque bisogna anche dare tempo ad un Paese che ha 1 miliardo e 300 milioni di abitanti: «Affrontare questi problemi è un compito immane. Ci vuole comprensione da parte europea per gli sforzi della dirigenza cinese. Bisogna capire che ci vuole tempo, senza rinunciare tuttavia a suggerire soluzioni e a cercare intese». Agli europei Napolitano chiede di superare atteggiamenti del passato fatti di sospetti, di progetti egemonici, di tentazione di imporre la legge del più forte, per abbracciare con convinzione la linea del multilateralismo che rende «tutti vincitori». Parole apprezzatissime dalla dirigenza cinese, che spalanca le braccia all’Italia “apripista” nella Ue. La Cina è la seconda potenza mondiale ed è in grado di condizionare le decisioni di politica economica, la crisi e la ripresa. Ma viene chiamata in causa anche per contribuire a risolvere le emergenze internazionali, come il terrorismo, la criminalità organizzata e le aree bollenti di crisi, Afghanistan, Pakistan, Iran. Il presidente cinese ha mostrato a Napolitano tutta la voglia di «aiutare» la comunità internazionale a venire a capo dei problemi. Su Afghanistan e Pakistan, Jintao ha ricordato che «sono paesi confinanti, la Cina non si ritiene estranea e farà ogni sforzo per pacificare questi paesi». E anche sull’Iran, Jintao è convinto vada perseguita una soluzione negoziale, con l’impegno di evitare un ulteriore sviluppo della rognosa vicenda nucleare. «Siamo come passeggeri sulla stessa barca», ha detto il leader cinese, e la frase ha fatto il suo effetto. Come quella di Napolitano che dice: «Oggi il fiume della storia, possente e irresistibile come il vostro grande Yangtze, trascina insieme Cina e Occidente».
Fonte: Il Messaggero, 28 ottobre 2010
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