L’allarme di Coldiretti: “La ‘minaccia’ cinese, rischio concreto dal campo alle nostre tavole”
Coldiretti Ravenna, in concomitanza dell’avvicinarsi della Giornata Provinciale del Ringraziamento, ha promosso il convegno pubblico sul tema della “Minaccia cinese dal campo alla tavola“.
“Ci separano milioni di chilometri: ciò nonostante accordi internazionali, scarsi controlli interni e globalizzazione commerciale spinta all’ennesima potenza hanno permesso alla Cina di incidere concretamente e negativamente sulla nostra agricoltura e sul lavoro degli imprenditori agricoli ravennati”.
Coldiretti Ravenna, in concomitanza dell’avvicinarsi della Giornata Provinciale del Ringraziamento - in programma domenica 19 dedicato alla custodia della terra e all’agricoltura sostenibile - ha promosso il convegno pubblico sul tema della “Minaccia cinese dal campo alla tavola”, tema che riguarda da vicino produttori agricoli, consumatori e società tutta.
L’appuntamento, battezzato “Attenti al dragone”, si è tenuto lunedì sera presso la sala delegazione di San Pietro in Vincoli e, come spiegato dal Direttore di Coldiretti Ravenna, Walter Luchetta è stata l’occasione per “fare il punto su strumenti, mezzi, strategie per contenere le pericolose incursioni cinesi sul suolo italiano di cibi contaminati, frutta prodotta con prodocolli fitosanitari sconosciuti, sino all’esportazione dall’Asia di tutti quegli insetti e patogeni molto dannosi per le nostre coltivazioni”.
A fare gli onori di casa aprendo il dibattito Massimiliano Pederzoli, Presidente Coldiretti Ravenna. “Ci sono tanti paradossi innescati dal mercato globale - ha esordito Pederzoli - distorsioni che sotto la spinta di lobby e gruppi di potere nascono a milioni di chilometri dal nostro “orticello” e tuttavia finiscono con l’incidere pesantemente sul nostro ambiente, la nostra alimentazione, la nostra salute nonché sull’economia di un paese come l’Italia che è leader nell’export agroalimentare.
Tra queste incongruenze paradossali c’è proprio quella che ci ha spinto a proporre questo incontro: la Cina non consente sul proprio territorio l’ingresso di ortofrutta Made in Italy, la più sicura e controllata del mondo, ma allo stesso tempo invade il nostro Paese con la sua frutta, come avvenuto di recente con pere e mele, poi, come se non bastasse, anche con tutti quei parassiti che in questi anni sono arrivati dal continente asiatico che stanno mettendo a rischio le nostre coltivazioni”.
A tal riguardo Pederzoli punta il dito contro le istituzioni, “tanto lente nell’”armare” gli agricoltori contro questi nuovi parassiti quanto latitanti in termini di controlli sulla merce che entra sul territorio nazionale, pensiamo ad esempio ai cereali - ne importiamo 18 milioni di tonnellate e in un anno su questo quantitativo sono stati fatti appena 25 controlli”. Come dire che in Italia, il Paese con l’agricoltura più green d’Europa grazie al maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario, di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp, di imprese che coltivano biologico, ma anche per la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma, “può davvero entrare di tutto, mentre per esportare le nostre pere in Cina siamo qui che attendiamo da anni e la trattativa con le dogane di Pechino è ancora in corso”.
Da Pechino, invece, come ha spiegato Federica Manucci, etologa dell’Area Ricerca e Sviluppo del Consorzio Agrario di Ravenna, è arrivato ormai 15 anni fa il cinipide del castagno poi seguito dal tarlo asiatico, dal moscerino dei piccoli frutti, “parassiti che hanno fatto danni ingenti e con i quali oggi, solo dopo anni di ricerche, i nostri produttori riescono, non senza difficoltà e dispendio di energie e risorse, a convivere”.
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