Lavoro, Apple ammette “Bimbi nelle fabbriche cinesi”
Lavoro minorile nelle fabbriche cinesi della “Mela” morsicata. E casi di intossicazione da esalazioni. La multinazionale statunitense rivela queste gravi “anomalie” in un rapporto interno. Nel 2010, secondo questo documento, i funzionari dell’azienda informatica hanno trovato ben 91 bambini impiegati illegalmente nelle loro fabbriche, nove volte in più rispetto all’anno precedente. Inoltre, 137 dei suoi dipendenti hanno presentato sintomi da avvelenamento da n-esano, un potente solvente che può provocare gravi neuropatie se maneggiato senza cautele. Apple fino ad ora si era rifiutata di confermare che vi fossero stati casi di intossicazione. Dal rapporto - i cui dettagli sono stati pubblicati dal quotidiano inglese “Guardian” - emerge inoltre che soltanto meno di un terzo delle fabbriche cinesi dove vengono realizzati i prodotti Apple rispetta il codice dell’azienda sugli orari di lavoro che, nell’arco di una settimana, impone ai lavoratori un massimo di 60 ore di lavoro e almeno un giorno di riposo. Per quanto riguarda il lavoro minorile, l’azienda di Cupertino ha dichiarato di aver introdotto controlli più severi dopo essersi accorta che in molti casi le età dei ragazzi venivano falsificate: una scuola che aveva organizzato l’impiego di alcuni giovani è stata denunciata alle autorità per aver fornito loro documenti falsi, mentre un appaltatore dell’azienda ha perso il suo contratto dopo che nella sua fabbrica sono stati scoperti a lavorare 42 bambini. La pubblicazione del rapporto rappresenta una mossa insolita da parte di Apple, che normalmente si rifiuta di rivelare con quali fabbriche ha stretto accordi per la realizzazione dei suoi prodotti. Ma in seguito a una serie di suicidi avvenuti lo scorso anno nelle fabbriche della Foxconn, una grande azienda cinese specializzata in elettronica e che per Apple produce iPod, iPad e iPhone, la compagnia americana è stata costretta ad una maggiore trasparenza sulle condizione di lavoro nelle sue aziende appaltatrici. Riguardo ai casi di avvelenamento, l’ambientalista Ma Jun, fondatore in Cina dell’Istituto per gli Affari pubblici e Ambientali, ha dichiarato che è positivo che Apple abbia finalmente riconosciuto il problema, ma ha aggiunto: “Questo rapporto dimostra che Apple non è ancora disposta ad accettare il controllo del pubblico. Avevamo elencato i nomi di alcuni fornitori della Apple ma nel rapporto non ne viene fatta menzione”. Reazione scettica anche da parte di Debby Chan, dell’associazione Hong Kong’s Students and Scholars Against Corporate Misbehaviour, secondo la quale è impossibile monitorare ciò che fanno gli appaltatori di Apple perchè l’azienda si rifiuta di identificarli o di dire quanti sono. Secondo la Chan, il rapporto sarebbe dunque soltanto un esercizio di immagine e non un genuino sforzo al fine di garantire i diritti dei lavoratori.
Fonte: La Repubblica.it, 16 febbraio 2011
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