Lo spettro del marxismo si aggira per la Cina
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In un seminario aperto ai direttori dei dipartimenti di propaganda di tutto il paese, il presidente Xi Jinping ha sottolineato ancora una volta l’importanza del marxismo nell’accademia. Ha chiesto di sviluppare quello che ha descritto come «il moderno marxismo cinese» o «il marxismo del XXI secolo con caratteristiche cinesi». «Il marxismo – ha dichiarato – non esaurisce la verità ma apre la strada al suo raggiungimento».
Secondo gli analisti questo è un passo importante per affermarsi come ideologo politico e lasciare un segno nella storia dei presidenti cinesi. Da quando è diventato presidente, Xi Jinping non ha mai fatto mistero di quanto tenesse all’ideologia. Una delle sue prime azioni da presidente, non a caso, è stata quella di aprire un Centro per l’ideologia nazionale che studiasse o, dicono i maligni, inventasse, una sua propria interpretazione del «marxismo-leninismo-pensiero di Mao Zedong», di «vitale importanza per il Partito». Da allora ha tenuto sette diversi incontri di massimo livello sull’argomento. Di cui tre all’interno del politburo.
Parallelamente ha spinto perché insegnanti e professori universitari facessero riferimento a una «guida ideologica». A gennaio 2015, il Comitato centrale ha emesso una circolare in cui si ribadiva che nelle università insegnare il marxismo era di priorità massima. I «valori occidentali» dovevano essere allontanati dalla formazione scolastica e dai libri di testo (come se poi la teoria politica del marxismo fosse nata in Asia, hanno fatto notare in molti sui social media). Esisteva, a dirla con le parole della propaganda, «una minaccia alla sfera ideologica».
I dettagli sono nel cosiddetto «documento numero 9», una circolare segreta del 2013 poi passata ai giornalisti, che metteva in guardia contro sette argomenti «scomodi», diventati in rete «i sette innominabili», in cinese «qibujiang». Meglio non trattare di democrazia, valori universali, società civile, liberismo, indipendenza dei media, errori commessi in passato dal Pcc (il cosiddetto ’nichilismo storico’) e di contraddizioni tra le politiche di apertura e riforme e la natura socialista del regime. «La Cina – secondo il presidente – sta attraversando la più profonda e diffusa riforma sociale della sua storia», servono quindi «grandi teorie e grandi menti che si mettano al servizio del Partito». Facendo attenzione, s’intende, a ignorare gli argomenti proibiti.
La Stampa,18/05/2016
English article, International Business Times:
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