Ma l’Occidente è poi tanto meglio della Cina?

(Dalla postfazione di “Strage di Innocenti. La Politica del Figlio Unico in Cina”)

Molti in Occidente pensano che in Cina vi siano troppi abitanti e che una riduzione delle nascite, anche se praticata in modo crudele, sia necessaria, perché si vuol far credere che le risorse naturali del mondo siano limitate e sia permesso solo lo sviluppo sostenibile. La cosiddetta sostenibilità si riferisce infatti all’uso limitato delle risorse della terra, per non pregiudicare, a causa della loro scarsità, il benessere dei popoli. Il precursore di queste teorie era Malthus. Tuttavia, come sottolineato nel capitolo primo, le sue previsioni non si sono realizzate e sono state anzi contraddette dalla storia recente. Infatti, mettendo da parte le considerazioni etiche, l’idea dello sviluppo sostenibile risulta sbagliata anche dal punto di vista economico. In effetti la storia ci dimostra come le risorse si siano moltiplicate più dell’aumento della popolazione, perché la stragrande maggioranza delle fonti utili non consiste in un quantitativo prefissato erogato dall’ambiente naturale, ma dipende e varia secondo la creatività e la capacità produttiva dell’uomo. Per esempio fra le risorse naturali – quali le foreste, i pascoli e il suolo agricolo in genere – lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche di rinnovabilità dipendono dall’abilità e dalla cura dell’abitante o del coltivatore. È vero che esistono risorse come il petrolio che non sono rinnovabili, ma ci sono numerose alternative al problema delle fonti energetiche come il sole (fonte di energia termica ed elettrica), il vento (fonte d’elettricità), le maree e le correnti marine in genere, i salti d’acqua (fonte idroelettrica), le biomasse (combustione per generazione termica e cogenerazione di calore ed elettricità) ecc. Disponiamo sempre di risorse alternative in natura. Per esempio, alcuni anni fa si temeva che l’esaurirsi del rame avrebbe danneggiato il sistema mondiale delle telecomunicazioni, poi sono state scoperte le fibre ottiche, che hanno sostituito il rame con il silicio, elemento ampiamente disponibile nelle sabbie del mondo. È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa e aumenta le risorse a disposizione, anche e soprattutto per mezzo della crescita della popolazione. Fra le numerose cause della caduta dell’impero romano una, e non trascurabile, fu proprio la riduzione della natalità e la conseguente crisi demografica. Al contrario, il grande sviluppo culturale e socio-economico delle città in Europa intorno all’anno Mille si dovette al cambio delle colture nei campi e alla crescita demografica.
Il problema non è nella mancanza di risorse, ma nel loro controllo e nella loro distribuzione che sono sempre più nelle mani di un numero ridotto di persone. Ricordiamo per esempio, lo strapotere delle multinazionali come Cargill, Louis Dreyfus, Archer Daniel Midland e Monsanto nella produzione e trasformazione dei prodotti agricoli in Italia e nel mondo. In Occidente viviamo in una società dove lo spreco è enorme. Quello spreco alla cui origine stanno la sovrapproduzione e i bisogni non necessari, creati artificialmente dal consumismo. È logico che si sperperino o si distruggano milioni di tonnellate di derrate, mentre decine di milioni di persone muoiono di fame ogni anno? Non vi è qualcosa di profondamente sbagliato in un’economia basata nello stesso tempo sullo spreco e sulla scarsità?
Anche in Occidente si idolatra il dio denaro. Viviamo in un mondo dove imperano l’individualismo, l’edonismo e l’utilitarismo, un mondo dove non è giusto ciò che è giusto ma è giusto ciò che conviene, perché regna un relativismo assoluto. Molti giungono alla conclusione che è sempre stato così e che quindi non c’è da meravigliarsi. Il denaro ha sempre controllato il mondo, dicono. Ciò non è vero. Nel mondo classico era stabilita una predominanza di valori religiosi, morali ed etici. Durante le Olimpiadi nell’antica Grecia cessavano le guerre e non si uccidevano persone. Nelle città europee dell’alto medioevo esistevano una grande solidarietà sociale e un’elevata concezione del bene comune, che erano realizzate attraverso le responsabilità sociali e ambientali delle corporazioni, gli aiuti ai poveri e agli anziani. La ricchezza non era tenuta in considerazione solo nell’ottica del profitto e del tornaconto personale. In breve, era presente una visione della vita antitetica alla moderna ansia di acquisire con ingordigia e di indirizzare le proprie azioni verso il conseguimento della ricchezza materiale.
A conforto di questa nostra opinione, che potrebbe apparire solo una stucchevole laudatio temporis acti, possiamo invocare l’autorevole testimonianza dello stesso Karl Marx che ne scrisse nel suo Forme di produzione precapitalistiche. Come giustamente rilevò anche l’economista Alfred Marshall negli anni Venti del secolo scorso: «Il problema dei fini sociali assume forme nuove in ogni età, ma vi è in fondo a tutte quel principio basilare per cui il progresso dipende soprattutto dal grado in cui le potenti e le più elevate forze della natura umana possono venire utilizzate per l’incremento del bene sociale». Anche nel Novecento molti sono stati gli episodi in cui i principi morali ed etici hanno prevalso su tutte le altre considerazioni di carattere materiale. Un esempio per tutti: alla fine degli anni Ottanta, l’unanime grande indignazione per il Massacro di Piazza Tien An Men portò anche all’embargo sulla fornitura delle armi alla Cina. Quindi è errato credere che la comunità internazionale sia sempre stata moralmente assente. Temo che l’umanità, anche se in buona fede, sia rimasta vittima delle teorie liberiste, che hanno promosso una concezione della società ispirata all’utilitarismo, all’individualismo e al materialismo, ai cui eventuali disordini avrebbe riparato la mano invisibile del mercato. Tali teorie hanno ridotto l’oggetto delle attività economiche alla ricchezza materiale, allontanando l’economia dalle finalità anche etiche della società e identificando il fine economico con l’egoismo individuale.
Oggi sussiste anche una grande confusione sull’economia, la finanza, il denaro. Economia deriva dal greco òikos nòmos, era cioè la legge per governare la casa, e poi con l’avvento della pòlis, per sintetizzare, si è arricchita con gli apporti della politica, divenendo economia politica. Fino ai fisiocrati del xvii secolo l’economia era una scienza globale, che studiava l’utilizzazione delle risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi, che potevano essere diversi, materiali o etici o semplicemente egoistici: costruire ospizi o ospedali o strade o fare profitto a scopo personale ecc. Sono stati gli economisti classici come Adam Smith e David Ricardo prima, e Karl Marx dopo, che hanno ridotto l’economia a una scienza settoriale, il cui scopo era principalmente il tornaconto, il vantaggio materiale e utilitaristico. Infatti le loro scuole sostenevano che per liberare veramente l’uomo bisognava cancellare «ogni pressione morale e religiosa».
Il costo umano di queste teorie lo abbiamo constatato dopo duecento anni: centinaia di milioni di morti a causa di rivoluzioni, repressioni, bombardamenti indiscriminati, fame e carestie, internamento e assassinio in lager, gulag e laogai, più innumerevoli altri milioni di bambini direttamente uccisi nell’utero delle madri. Probabilmente è stato a causa di questa comune visione materialista della vita che il grande capitale ha sempre collaborato con i regimi comunisti, mentre all’opinione pubblica internazionale era dato conoscere non gli intensi e continui traffici commerciali tra il mondo libero e l’urss, ma solo particolari insignificanti come i viaggi del capitalista Armand Hammer, amico di Stalin e perciò giudicato eccentrico. Quale ignobile e sanguinoso inganno! Solzenicyn dichiarò varie volte che il regime sovietico si reggeva solamente grazie all’aiuto tecnologico e finanziario dell’Occidente. Lo stesso vale per la Cina capital-comunista di oggi. Nel suo libro Vodka Cola il famoso sindacalista americano Charles Levinson denunciò come, sin dagli anni Venti del secolo scorso, le banche americane ed europee collaboravano con il regime sovietico per produrre nei gulag e vendere in Occidente, costringendoci a toccare con mano che il capitalismo e il comunismo sono due facce della stessa medaglia. In altre parole, per una imprevedibile coincidenza degli opposti, il capitalismo, regno dell’ineguaglianza e della libertà, e il comunismo, regno dell’uguaglianza senza libertà, che tante illusioni e tante vittime hanno generato, affondano le loro radici in una concezione materialistica del mondo, rivelandosi, lo ripetiamo, due facce della stessa medaglia. Alla luce di informazioni chiare, documentate e non più occultabili, il sogno magnifico, che molti di noi hanno coltivato, del riscatto dalla prevaricazione sociale ormai è dissipato e cancellato per sempre, ma l’ingiustizia sociale permane.
In una società sana sussistono, innanzitutto, principi etici che trascendono la vita umana e che vengono trasformati in obiettivi pratici dalla politica. L’economia studia l’utilizzo delle risorse disponibili per raggiungere i fini politici comuni. La statistica e la finanza sono semplici strumenti dell’economia. Oggi è tutto al contrario!

Conclusioni

Le origini per così dire filosofiche della pianificazione familiare sono, quindi, l’utilitarismo e l’edonismo, che Amintore Fanfani e Francesco Vito, nei loro testi di economia, chiamavano giustamente «spirito capitalista». Questo spirito, o interpretazione della realtà, è stato presente durante la storia in tutte le società ma, in alcuni casi, è stato tenuto sotto controllo dalla forza morale dello Stato e dalla solidarietà sociale della comunità. In altri casi, come accade oggi, risulta preponderante. Quello che succede attualmente in Cina è solo l’estrema razionalizzazione del liberismo, per il quale l’uomo è solo un’unità produttiva e consumatrice da sfruttare, senza nessun riferimento a principi morali e non economici. Rendiamoci quindi conto che tutto ciò che riconosciamo essere immorale si rivelerà, presto o tardi, controproducente anche in termini pratici ed economici.
Quale è la risoluzione che dobbiamo adottare? Credo che la battaglia vedrà tempi lunghi, poiché è veramente necessaria una rivoluzione di valori (dal latino re-volvere, ritorno alle origini, il sogno di tutte le società nel periodo della loro decadenza). Alle nuove generazioni sono stati trasmessi modelli di vita basati unicamente sul soddisfacimento materiale. Oggi è considerato giusto ridurre la produzione per aumentare i prezzi, la pirateria informatica è cosa «furba», ciò che conta è guadagnare soldi a ogni costo. Al contrario, bisogna educare i giovani ai valori eterni di onestà, generosità, lealtà, giustizia e spiegare loro il rimorso, l’esame di coscienza, l’idea di sufficienza e la cognizione che la libertà e il denaro sono mezzi e non obiettivi ultimi della vita, tutti concetti oggi obsoleti. L’umanità deve riconquistare una visione trascendente della vita. Deve riscoprire la dignità della persona per liberarsi dall’angoscia della ricerca continua e mai soddisfatta della ricchezza materiale. Così l’uomo potrà vivere tempi nuovi all’insegna di valori, come il piacere di fare e dare senza tornaconto, che lo renderanno veramente felice e degno del suo nome. Solo così avremo un giorno un mondo con maggior giustizia sociale e leader politici capaci di individuare le giuste priorità.

Toni Brandi

Il genocidio di stato in Cina e le sue origini. Scarica in pdf

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