Mantova-Roverbella: Schiavi nei laboratori-prigione, finiscono in manette sette titolari
Blitz dei carabinieri in tre manifatture cinesi. Al lavoro 40 persone, di cui 7 clandestini. Accuse anche di caporalato. Sequestrati tutta la merce - pantaloni, cappotti e vestiti da donna - i macchinari e l’intero stabile, per un valore di 500mila euro.
ROVERBELLA. Tre euro l’ora, quattordici-quindici ore di lavoro al giorno, pure di notte. E per non perdere tempo, il letto, un materasso buttato sul pavimento, e la cucina, accanto alla macchina da cucire.
È la vita dei nuovi schiavi, gli operai cinesi, macchine da lavoro nei tanti laboratori tessile sparsi in tutta Italia. Nel Mantovano, in particolare nel distretto della calza che si estende dall’Alto Mantovano fino all’hinterland cittadino.
Due anni fa è stata costituita una task force che si è data una missione: stroncare lo sfruttamento del lavoro nero, la clandestinità, il caporalato. E ormai, a ritmo di un’operazione a settimana, continua a compiere arresti e a chiudere laboratori. Il 17 ottobre, a Roverbella erano state chiuse due manifatture cinesi a Roverbella e arrestati tre titolari o gestori.
Giovedì mattina (8 novembre), di nuovo a Roverbella, con un’operazione che ha pochi precedenti in provincia, venti carabinieri della Compagnia di Castiglione comandati dal maggiore Simone Toni, che guida l’intera task force, insieme ai colleghi di Castel Goffredo, Piubega, Roverbella, Goito, Guidizzolo, e sei agenti di polizia locale, alle undici e mezza hanno fatto irruzione in contemporanea in tre laboratori nello stesso capannone sull’angolo fra le vie Paesa e Santo Stefano.
L’intero stabile accerchiato, per i quaranta operai al lavoro è stato impossibile fuggire. Dopo un meticoloso lavoro e con l’aiuto degli interpreti, oltre che dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, del personale dell’Ispettorato di Mantova guidato dalla dottoressa Catalano, oltre che di Ats, Inail e Inps, sono stati controllati tutti i locali e tutti i documenti dei lavoratori.
In tutto, si diceva, c’erano quaranta persone tra uomini e donne: sette di loro sono risultati clandestini, per gli altri è emersa una chiara situazione di sfruttamento, paghe bassissime, condizioni di lavoro inumane: gli operai lavoravano e vivevano in pochi metri, uno accanto all’altro, in cubicoli che dovevano assomigliare a camere da letto, in condizioni igieniche pessime. Di conseguenza, i sette titolari e prestanome, cinque uomini e due donne, tutti cinesi, fra i 40 e i 50 anni, residenti nello stesso stabile, sono stati arrestati, pre aver fatto lavorare persone clandestine e per caporalato.
Tutta la merce - pantaloni, cappotti e vestiti da donna - più i macchinari e l’intero stabile, 500mila euro di valore, sono stati posti sotto sequestro. «Quest’anno abbiamo compiuto 40 arresti - ha spiegato il maggiore Toni - un milione di euro di sanzioni. Ma la spregiudicatezza di questi imprenditori ci motiva ad andare avanti».
«Un grande lavoro - si è complimentato il comandante provinciale colonnello Fabio Federici, che ha ricevuto il plauso anche del prefetto - ma che non si ferma. Ora cercheremo di individuare l’intera filiera per capire chi sono i committenti di queste imprese che avvelenano il mercato».
La Gazzetta di Mantova,09/11/2018
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