Money transfer: ecco come gli immigrati cinesi riciclano il denaro sporco.
Roma, 02 dic – I money transfer sono nuovamente al centro delle polemiche. La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta su un presunto maxi-riciclaggio da circa 2,7 miliardi di euro, derivati da attività illecite interne alla comunità cinese in Italia.
Denaro trasferito, attraverso agenzie di money transfer abusive e società basate a Londra, in Cina. L’indagine ha portato al fermo di un cittadino uruguaiano e agli arresti domiciliari per un italiano e un cinese. Secondo il giudice per le indagini preliminari il denaro accumulato in contanti dai money transfer abusivi gestiti da cinesi, sarebbe stato, “sistematicamente trasferito all’estero mediante bonifici bancari sui conti correnti accesi nel Regno Unito e da essi poi trasferito ai beneficiari finali in Cina”. Il gip, inoltre, ha sottolineato: “Il ruolo dell’agenzia Cronosprint che intratteneva rapporti bancari a Milano con Bpm, Mps, Carige, Cariparma, Poste Italiane movimentando complessivamente oltre 500 milioni di euro, tra il 2013 e il 2014”.
Non si tratta, dunque, di un’ordinaria storia di evasione fiscale. Dietro le carte di quest’inchiesta si intravede la presenza di una struttura molto forte con rapporti ben strutturati con i più importanti istituti di credito europei e cinesi. Se questa vicenda sembra poco rilevante, sarà bene ricordare un altro episodio.
Lo scorso anno, per l’esattezza a giugno, si chiudevano le indagini della Procura di Firenze sul riciclaggio di denaro ad opera della Money2Money (un network che raggruppava tanti money trasfer) con la complicità di quattro funzionari della Bank of China. Nella maxi inchiesta, e nei video delle indagini con il sequestro dell’archivio unico della società bolognese Money2Money, gli inquirenti hanno analizzato decine di operazioni uguali, con lo stesso mittente e con lo stesso importo bassissimo per eludere i controlli bancari e svolte in pochissimi minuti, ripetendo la stessa digitazione sul computer le volte necessarie. I clienti arrivavano col “sacco dei contanti” nel “negozio di money transfer”. Poi se ne potevano anche andare via perché a frazionare la somma – per eludere la normativa antiriciclaggio – da mandare in Cina ci pensavano i gestori dell’agenzia (sotto i 2.000 euro nella precedente normativa; 1.000 euro adesso) addestrati all’enorme attività di trasferimento. La Bank of China non avrebbe segnalato un ingente numero di operazioni sospette. Questa sarebbe la prova dell’accordo tra Money2Money e i quattro funzionari della banca di stato cinese. Secondo gli inquirenti: “I funzionari dell’istituto di credito erano perfettamente in grado di rendersi conto che si trattava di operazioni unitarie mascherate da spacchettamenti. Quindi secondo la normativa antiriciclaggio erano sottoposti all’obbligo di segnalazione, cosa che non hanno mai fatto”.
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