MURANO: la concorrenza sleale e la contraffazione cinese mette in serio pericolo il futuro dei maestri vetrai.

Gli artigiani dell’isola, celebri in tutto il mondo (e con clienti illustri, da Hemingway alla first lady americana) schiacciati fra sgravi fiscali da restituire, vincoli ambientali da rispettare, contraffazioni e concorrenza sleale. L’appello di Confartigianato Venezia al governo: «Quest’arte ha quasi 800 anni, dobbiamo intervenire adesso se vogliamo che il prossimo millennio non sia quello della fine, ma della rinascita»

Nella foto, Fondamenta dei vetrai, il cuore delle botteghe artigianali sull’isola

Per chi vive a Murano, fino a una decina di anni fa la parola «silenzio» acquistava lo stesso significato degli altri soltanto a luglio. All’improvviso spariva quel rumore basso, di sottofondo, dei forni accesi, che nessuno sentiva se non quando non c’era più, all’arrivo delle ferie estive. Le orecchie fini dei muranesi lo riconoscono ancora quel sottofondo, ma molto attutito. La crisi di Murano si potrebbe misurare anche con il fonometro, oltre che con gli alberghi che aprono al posto delle fornaci, l’aumento di sale espositive e grandi negozi al posto dei laboratori o il dimezzamento dei vaporetti per i lavoratori pendolari (nella foto sotto, Fondamenta dei vetrai, il cuore delle botteghe artigianali sull’isola).

Clienti celebri

L’isola in cui la Serenissima nel 1295 concentrò le vetrerie, togliendole da Rialto per il rischio di incendi, ma anche per evitare che venissero rubati i segreti dei maestri, attraversa la crisi più lunga, grave e profonda della sua storia. E non basta che in passato non abbiano resistito a fare acquisti qui Ernest Hemingway (due lampadari sono ancora visibili nella villa di Key West) che cercava la pace in un isolotto della laguna e ogni sabato andava a Murano per riscuotere i vaglia telegrafici; o Lady Diana e Carlo d’Inghilterra nel loro viaggio del 1985, oppure il presidente francese François Mitterrand che a Venezia era di casa, fino a Michelle Obama che l’anno scorso a Murano (sotto, nella foto Ansa) ha ceduto al souvenir trasparente e colorato. (Toccando l’icona blu, un video del Corriere del Veneto con il numero uno del tennis mondiale, Novak Djokovic, che fa «pratica» in una vetreria meranese).

I numeri della crisi

«Il vetro non è un bene naturale che c’è sempre, è impegno e ingegno dell’uomo. Quest’arte ha quasi 800 anni, dobbiamo intervenire adesso se vogliamo che il prossimo millennio non sia quello della fine, ma della rinascita», ha detto martedì 17 maggio, nel corso dell’audizione sulla crisi di Murano in commissione industria della Camera, Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato di Venezia, che rappresenta gran parte delle aziende muranesi. La commissione parlamentare ha convocato tutti, gli imprenditori, gli artigiani gli enti pubblici, i sindacati, da mesi sulle barricate per denunciare il rischio che sia cancellato uno dei simboli di Venezia e del made in Italy nel mondo. A Murano oggi sono attive 263 imprese manifatturiere del vetro e dell’illuminazione (sotto, nella foto Ap, Gianfranco Albertini, delle Vetrerie La Fenice), di cui alcune piccolissime. Dentro questo numero ci sono le grandi fornaci, le aziende delle lavorazioni a lume, delle decorazioni, delle incisioni, degli specchi, delle perle. Negli ultimi sei anni sono scomparse 125 attività, ma la trasformazione e la crisi sono iniziate molto prima. Negli anni Sessanta le imprese erano 135 con 5 mila addetti, negli anni 2000 hanno superato quota 200 ma con 1.400 addetti.

Le fragilità

L’apertura delle frontiere a ridosso del nuovo millennio ha rappresentato la fortuna — e insieme la crisi anche culturale — di Murano. L’arrivo di milioni di turisti ha fatto moltiplicare le imprese (un terzo sono nate dopo il 2000) e abbassare il livello di qualità dei prodotti, per rispondere a un mercato abnorme che chiedeva milioni di souvenir a poco prezzo. Insieme, la globalizzazione ha spalancato le porte al materiale cinese. La contraffazione, a cui una parte delle aziende di Murano ha ceduto in nome di guadagni facili, è uno dei problemi più gravi (toccando l’icona blu, un video del Corriere del Veneto su un maxi sequestro, da parte della Guardia di Finanza, di pezzi contraffatti). Le stime che Confartigianato ha presentato ai parlamentari dicono che, a fronte di un fatturato totale di 165 milioni annui dell’isola, quello degli oggetti falsi è pari ad altri 100 milioni (il 60 per cento).

I soldi da restituire

Gli imprenditori che hanno resistito, hanno dovuto affrontare il contraccolpo della vicenda «sgravi fiscali» e la partita dei vincoli ambientali. Nel 2015 le aziende hanno dovuto restituire oltre sei milioni di euro di sgravi Inps, concessi a fine anni Novanta dal governo italiano alle attività di Venezia e Chioggia, agevolazioni bocciate dall’Europa come lesive della libera concorrenza. Ma il vetro di Murano, candidato a entrare nella lista Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, è una specialità senza concorrenti (se non i suoi imitatori). Ai sei milioni restituiti se ne potrebbero aggiungere altrettanti di interessi.

Aria pesante

E a queste spese, che gravano su aziende che hanno ormai una media di 4 lavoratori ciascuna, si aggiungono quelle per il rispetto di vincoli ambientali sempre più stretti. L’ultimo è stato, l’anno scorso, la messa al bando dell’arsenico, che pure è ancora rilevato nell’aria di Murano. E ora avanza il divieto dell’uso del cadmio, il minerale che permette i colori rosso, giallo, arancione, la «firma» del vetro dell’isola (nella foto Andrea Pattaro/Vision, artigiani al lavoro nella vetreria Oball).

Maestri senza eredi

Passeggiando tra le calli o chiacchierando con i vetrai che escono dal lavoro, la crisi è fatta più di immagini che di numeri. Al posto delle fornaci aprono botteghe, alberghi, sale espositive. La notte si moltiplicano i tour turistici tra i forni dove un tempo si lavorava 24 ore al giorno. L’età media del maestri vetrai è alta, 50 anni e dietro di loro non ci sono eredi. Ci sono ditte che mantengono gli show-room sull’isola, ma trasferiscono le produzioni in terraferma, dove è tutto più facile e meno costoso. L’arte arretra di fronte al commercio. I nuovi capitali che investono nel lusso arrivano da fuori città: la Damiani gioielli ha acquisito il 60 per cento della Venini, forse il marchio più conosciuto al mondo; la Duvetica (azienda dei piumini) ha rilevato le quote della Carlo Moretti e prima ancora la Invernizzi (sì, quella dei formaggini) ha comprato Barovier & Toso. Il cambio generazionale muranese ha visto invece le nuove leve scegliere altre strade.

L’appello al governo

Il presidente degli industriali di Venezia e Rovigo Matteo Zoppas alla commissione parlamentare e al viceministro allo sviluppo economico Teresa Bellanova, ha chiesto che ci sia una dichiarazione di Area di crisi e la costruzione di una zona franca urbana con interventi sul carico fiscale. Confartigianato chiede una lotta più dura alla contraffazione e un rafforzamento del marchio. I parlamentari veneziani sollecitano il governo per un intervento complessivo che impedisca di arrivare a dire che «a Murano si faceva il vetro». Ma non è solo questo. «Produrre a Murano — ha detto in una recente intervista Lucio De Majo, numero uno di Confindustria vetro — non ha niente a che vedere con la produzione solo industriale e meccanica. La ricerca di colori, forme, mescolanze segue i ritmi dell’isola. La nostra preoccupazione è che si perda lo spirito dei maestri vetrai».

La carta dell’arte

È lo spirito aperto alla ricerca che in passato ha richiamato in isola grandi artisti attratti dall’arte vetraria, come Pablo Picasso e Max Ernst per la Fucina degli Angeli o Ettore Sottsass e Tadao Ando in tempi più recenti. Per questo, accanto all’investimento economico c’è chi invoca un ben più importante investimento culturale, che richiami l’élite artistica internazionale, a partire dalla Biennale. Artisti e designer sono già privatamente «di casa» nell’isola (sotto, contenitori firmati Luciano Gambaro). Nelle ultime estati, solo per fare un esempio, Jonhatan Ive, l’uomo che ha disegnato i successi di Apple, è andato a visitare lo show room dell’amico Lino Tagliapietra, 81 anni, uno dei più grandi maestri-scultori di Murano che in questi giorni è ospite del Mit di Boston, per lezioni-performance trasmesse in mondovisione attraverso live webcam. A Boston, appunto.

Corriere.it,18/05/2016

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