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Intervista a Lu Decheng

Intervista a Lu Decheng dove viene descritta la prigionia dell’ex dissidente e vengono denunciati e reati del regime cinese.
1. Può raccontarci, brevemente, cosa fece in quei giorni e quali “ideali” c’erano dietro la vostra azione di protesta?
Sono originario della Provincia dell’Hunan. Nella primavera del 1989 lavoravo come operaio presso un’azienda di trasporti ed insieme a due amici mi trasferii a Pechino a maggio di qull’anno per unirmi alla protesta di centinaia di migliaia di studenti, cittadini ed operai contro il regime totalitario del Partito Comunista. Il 23 maggio insieme ai miei due amcii, Yue Zhijing, maestro elementare, e Yu Dungyae, artista, gettammo gusci d’uova pieni di vernice contro il ritratto di Mao Zedong in Piazza Tienanmen per simboleggiare la nostra opposizione al regime e la richiesta di libertà del popolo cinese. Dopo averlo fatto aspettammo la polizia per essere arrestati.
2. È per questo che siete stati denominati i “ i tre gentlemen”?
Si, “i gentlemen non fuggono”. Volevamo dare un forte messaggio al Partito. Fummo inizialmente internati nel Laogai di Lingling Prison e successivamente trasferiti ad altri campi. Io ho passato 9 anni in un laogai. Era in realtà una fabbrica che produceva autoveicoli. Eravamo costretti al lavoro forzato per 15-16 ore al giorno.. Dopo il lavoro dovevamo seguire le ‘sessioni di studio’, di indottrinamento forzato, che dovevano trasformarci in persone fiduciose nel socialismo. La situazione oggi in molte fabbriche della Cina è come ai lavori forzati. Yu in particolare ha ricevuto torture ed abusi ed ora è malato mentale e non riesce neppure a parlare.
3. Come vivevate nei Laogai?
Eravamo costretti al lavoro forzato dalle 7 del mattino alle 22-23 di sera, e venivamo spesso picchiati a sangue senza motivo. Venivamo anche torturati se non producevamo abbastanza. La pratica più comune era quella di legarci le braccia con le manette e sospenderci in aria per ore appesi alle sbarre delle finestre. Poi, quattro giorni alla settimana, dopo il lavoro, c’erano le “sessioni di studio”: dovevamo leggere la propaganda comunista, ripetere tutto a memoria senza obiettare o fare domande. Un vero lavaggio del cervello.
4. Che conseguenze ebbe, per lei, aver partecipato a quella “ribellione”. Dove vive oggi e come vive?
Io ricevetti una condanna di 16 anni, Yue Zhijin di 20 anni e Yu Dungyae all’ergastolo. Fummo rilasciati tra il 1998 ed il 2006. Grazie all’aiuto della Laogai Research Foundation emigrammo in Nord America. Ora io vivo a Calgary in Canada dove mi batto ancora per la libertà in Cina. Io venni rilasciato nel 1998. Nel 2004 scappai in Tailandia dove le le autorità volevano rimpatriarmi. Solo la mobilitazione della Laogai Foundation e di altre organizzazioni democratiche cinesi ha fermato il governo di Bangkok.
5. Ma i laogai sono ancora in funzione?
Certamente, la Laogai Research Foundation ne ha individuati almeno mille. Questo arcipelago concentrazionario produce in ogni settore merceologico e soprattutto per l’export. Quindi il sistema dei Laogai è molto importante per l’economia cinese.
6. Come è possibile camuffare in fabbrica un campo di lavoro forzato?
Ogni laogai ha un doppio nome: uno ad uso interno, che si riferisce alla prigione; l’altro, invece, per l’esterno, da normale impresa commerciale. Ad esempio, io sono stato detenuto in un campo che si chiama “Laogai Hunan 2″, ma ufficialmente aveva il nome di “Hunan Heavy Vehicle Manufacturing Factory”, ed esportava veicoli. C’è anche una certa flessibilità in queste fabbriche, perché, ad esempio, quando calava il lavoro per i veicoli allora dovevamo produrre materiale tessile o decorazioni natalizie per l’esportazione.
7. La Cina di oggi sembrerebbe vivere un momento importante per l’economia, con quali costi per la gente di li?
La situazione economica sta migliorando per circa 15-20% della popolazione: businessmen e burocrati di Partito ma la stragrande maggioranza del popolo viene sfruttato nelle imprese lager e nei laogai. In Cina ci è un proverbio “La Cina è ricca ma il popolo è povero”.
8. Quali sono le sue speranze per il futuro della Cina?
Il nostro sistema economico è concentrato sull’esportazione ed ignora il mercato interno. Per questo vi è disoccupazione, inflazione ed una grande crisi. Finquando il regime penserà solo al beneficio di pochi contro l’interesse del popolo, nulla cambierà. Sono convinto che l’unica soluzione per la Cina sia la fine del Partito. Sono ottimista perchè le rivolte popolari contro la corruzione, gli espropri forzati e la politica del figlio unico continuano a crescere. È’ solo questione di tempo. Come in Unione Sovietica anche il regime cinese cadrà.

Leggi l’intervista pubblicata su L’Adige

Laogai Research Foundation

Questo articolo e' stato scritto Lunedì 6 Giugno 2011 ed archiviato nella categoria News.

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