Che si può fare ?
• Intraprendere una grande campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblici sull’ impatto e i danni che il “boom economico cinese”, frutto del lavoro forzato e dello sfruttamento umano, produce sulle nostre vite e soprattutto produrrà su quelle delle generazioni future;
• Unirsi al Congresso Americano ed al Parlamento Tedesco perché si approvi al Parlamento Europeo e alla Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite una risoluzione che condanni i LAOGAI e la violazione sistematica dei diritti umani in Cina ;
• Approvare leggi che impediscano l’importazione in Italia ed in Europa di mercanzie e prodotti, che nascano parzialmente o totalmente dal lavoro forzato o dallo sfruttamento umano. Introdurre, per le imprese che importano nell’UE dalla Cina, un sistema di certificazione obbligatoria che permetta anche di identificare i luoghi di produzione, da “aprire” e mostrare agli ispettori della dogana dell’UE ed ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie ;
• Pretendere l’applicazione universale delle “clausole sociali” e delle “clausole ambientali”. Esigere che tutti i prodotti cinesi importati nell’UE soddisfino gli stessi parametri e garanzie di igiene e sicurezza richiesti ai produttori europei.
• Introdurre una normativa in materia di etichettatura, che consenta la tracciabilità di tutti i prodotti commercializzati all’interno dell’UE, e garantisca quindi una informazione corretta per il consumatore;
• Contingentare le quote d’importazione e imporre dazi e/o iva molto alti sulle importazioni dalla Cina. Utilizzare questo introito aggiuntivo per rilanciare l’industria italiana ed europea.
Come giustamente ha osservato Harry Wu durante una sua recente intervista “se oggi l’occidente fermasse tutti i suoi affari e contratti con la Cina, cosa potrebbe accadere in Cina ? Un’altra rivoluzione. E chi sarebbe il bersaglio della rivoluzione ? I comunisti, i stessi partners commerciali dell’occidente”…. Quindi, come nel caso dell’URSS, l’occidente sembra aiutare la dittatura comunista, con le sue finanze e la sua tecnologia. Ricordiamo il libro di Charles Levinson, famoso sindacalista americano, “Vodka-Cola” che descrive come la gran parte delle banche americane ed europee ha sempre collaborato con il regime comunista di Mosca dagli anni venti del secolo scorso fornendo tecnologia e finanza in cambio della forza lavoro dei gulag. Lo stesso Solzhenytsin si è lamentato di come gli occidentali finanziavano ed aiutavano gli aguzzini del suo popolo.
Se i politici vogliono, possono cambiare le cose e dare priorità a valori morali e etici sopra le altre considerazioni di carattere materiale ed utilitaristico.
Un’interessante osservazione di Federico Rampini dopo il suo viaggio a Lhasa agli inizi di luglio : “Angela Merkel ha avuto il coraggio di tener duro con i cinesi, dopo le proteste durissime di Pechino perché il cancelliere tedesco aveva ricevuto il Dalai lama. La Germania ha traversato mesi di gelo diplomatico con la Repubblica Popolare. Poi ne è uscita. Che prezzo ha pagato? Molti industriali tedeschi (e il ministro degli Esteri, socialdemocratico) erano convinti che la testarda Merkel avrebbe fatto perdere affari d’oro al “made in Germany”. Invece la Cina non ha cancellato nessun contratto, nessuna commessa è andata persa per l’industria tedesca. E l’export made in Germany va a gonfie vele: numero uno mondiale (davanti al made in China). A tener la testa alta non si perde mai”.