Produrre in Cina non conviene più: la Five di Bologna bici elettriche ritorna in Italia

Il nostro viaggio tra le aziende che investono / La “delocalizzazione al contrario” della Five, che costruisce i suoi modelli nel capoluogo emiliano: “Il made in Italy è un valore. Puntiamo ad arrivare a 50 dipendenti”.

BOLOGNA - “Ci sono vari motivi per cui produrre in Cina non conveniva più: qualità, costi, tempi e marchio, perché il made in Italy ha un grande valore”. Fabio Giatti, ad di Five, la spiega così. Tiene tra le mani il primo modello di bici elettrica, la “Vento”, interamente prodotto nella nuova fabbrica della Five, Fabbrica italiana veicoli elettrici, che verrà inaugurata ufficialmente tra due mesi nella zona industriale delle Roveri a Bologna. Frutto di un investimento da oltre 10 milioni di euro con cui l’azienda di famiglia a fine 2013 divenne una delle prime imprese protagoniste del fenomeno del reshoring, cioè del rientro di produzioni da paesi esteri.

LO SPECIALE Viaggio tra le imprese che investono e creano lavoro

Una fabbrica green. Il nuovo stabilimento misura oltre 7mila metri quadri di superficie, è completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie ai pannelli fotovoltaici montati sul tetto, ed è attrezzato con un magazzino completamente automatizzato. Ha trovato casa nella vecchia sede della Bruno Magli, la storica azienda di scarpe che anni fa ha smesso di produrre qui. Da allora la Wayel, marchio del gruppo Termal controllato dalla famiglia Giatti, ha cominciato anno dopo anno ad accrescere la quota di lavoro italiano, producendo prima in un capannone provvisorio in periferia a Bologna e trasferendosi da luglio 2016 in questa nuova sede, diventata poi operativa poco più di un mese fa. Alla “Futura” e al “Solingo”, uno scooter a batteria, già prodotti nell’ex capannone, si è aggiunta così recentemente la “Vento”, la prima uscita da questa nuova fabbrica. E in futuro si conta di progettare e assemblare qui tutti i marchi.

Le assunzioni. All’interno del nuovo stabilimento scompariranno dunque progressivamente gli scatoloni con scritto “Made in China”, che ancora compaiono qua e là per alcune serie di prodotti, e aumenteranno progressivamente anche i dipendenti. “Oggi siamo 35, di cui 15 nel commerciale e 10 in produzione – spiega Giatti – Nel 2017 produrremo oltre 3mila pezzi ma la fabbrica è progettata per arrivare fino a 35mila pezzi l’anno. Nel giro di 3-4 anni contiamo di arrivare a una cinquantina di dipendenti”. Nel frattempo Five, oltre al marchio Wayel, ha acquisito recentemente anche il produttore numero uno delle bici elettriche in Italia, la Italwin di Padova, e produce anche per la linea Momo Design. Il fatturato nel 2016 è stato di 1,2 milioni di euro, con una crescita di quasi il 20%, e quest’anno si conta di raddoppiarlo anche grazie all’acquisizione di Italwin.

Il ritorno dalla Cina. Le ragioni che hanno spinto l’azienda a tornare dalla Cina in Italia sono varie. “Il primo motivo è la qualità, perché non siamo mai riusciti a raggiungere livelli qualitativi adatti al consumatore italiano ed europeo – spiega l’ad – Poi c’è la ragione economica, perché i costi di produzione sono molto aumentati anche in Cina, e quella dei tempi di trasporto, sempre troppo lunghi per un prodotto stagionale come le bici. E poi c’è il marchio, perché il made in Italy ha ancora un grande valore”.

Repubblica.it,27 febbraio 2017

 

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