Protesta di ragazzi tibetani della scuola media. La polizia li arresta

Le autorità cinesi intervengono anche contro i ragazzi della scuola media, se osano protestare contro Pechino e per una maggiore libertà in Tibet. Per il 2° anniversario delle proteste anticinesi del 10-14 marzo 2008, scoppiate a Lhasa e represse dall’esercito sparando sulla folla con centinaia di morti, le autorità cinesi hanno disposto severe misure di controllo con grande spiegamento di forze dell’ordine, soprattutto nei pressi dei templi tibetani e luoghi turistici.

L’anniversario ricorda anche il 10 marzo 1959 quando i tibetani insorsero contro la Cina per ottenere l’indipendenza e vennero massacrati dall’esercito cinese.

Ma nella Scuola Media Tibetana a Machu (in cinese: Maqu) nel Gansu, dove i tibetani sono almeno la metà della popolazione, “il 14 marzo, intorno alle ore 11-12 circa, circa 30 studenti hanno protestato per le strade vicino al centro cittadino” in memoria dell’anniversario. “Alla protesta degli studenti –racconta una fonte locale all’agenzia Radio Free Asia- si sono uniti 5-600 tibetani”. “Loro hanno urlato contro la mancanza di libertà e chiesto l’indipendenza del Tibet”.

Dolkar Kyab, originario di Machu e ora rifugiato a Dharamsala (India), conferma che i dimostranti hanno protestato per oltre 30 minuti, inneggiando anche al Dalai Lama, poi è intervenuta la polizia in tenuta antisommossa che ha arrestato almeno 40 persone.

Nei giorni successivi – prosegue la fonte - “circa 4-500 persone hanno protestato davanti al municipio e chiesto il rilascio dei detenuti”.

Nella zona sono arrivati circa 3mila soldati e poliziotti cinesi, aumentando la tensione.

Nella capitale Lhasa, fonti locali spiegano che le autorità hanno minacciato “di ritirare le licenze, a chi non teneva aperto il negozio il 14 marzo, a Lhasa erano presenti migliaia di forze di sicurezza”. Ma i commercianti hanno chiuso lo stesso negozi, alberghi e ristoranti e osservato il silenzio.

Nella contea di Markham centinaia di tibetani il 10 marzo hanno protestato, chiedendo il risarcimento per i danni causati ad ambiente e persone per le attività minerarie della zona. Protesta talmente decisa che le autorità hanno rinunciato ad arrestare i leader.

Fonte: AsiaNews, 17 marzo 2010

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