“Si ispirano a Gandhi. Ma non saranno sempre pacifici”

«Questa protesta è una novità assoluta per i tibetani. Un salto di qualità, la prima azione non violenta collettiva che segnala la nascita di un’ opposizione sociale». Claudio Tecchio, responsabile della Campagna di solidarietà con il popolo tibetano, emanazione della Cisl nata nel 1995, è in contatto diretto con un «informatore» nel Tibet orientale, dove da alcuni giorni i contadini rifiutano di prendere in mano l’ aratro. C’ è molto della «marcia del sale» di Gandhi in questo sciopero della semina… «Nei volantini che vengono distribuiti, nonostante lo stato d’ assedio non dichiarato dai cinesi, non ci sono riferimenti espliciti. Però i tibetani ben conoscono la storia dell’ India. Il legame è oggettivo». Perché si sono mossi ora? «Dai primi di marzo stavano studiando come lanciare un segnale forte, come ricordare i caduti nella rivolta del 2008 e di 50 anni fa». C’ è un ritorno ai metodi non violenti come chiede il Dalai Lama? «I tibetani sanno che possono contare solo su se stessi. Ora si augurano che lo sciopero si estenda. La lotta rimarrà pacifica? Dipende da come reagiranno i cinesi». Qual è l’ obiettivo? «In tibetano non esiste la parola “autonomia”. Il traguardo può essere solo uno: l’ indipendenza».

Il Corriere della Sera, 12 aprile 2009

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