“Stipendi etnici” nelle aziende di confezioni gestite da cinesi

La Direzione territoriale del lavoro certifica un fenomeno in crescita: i lavoratori stranieri non orientali vengono pagati meno dei cinesi. A Prato oltre la metà dei clandestini trovati nelle fabbriche della Toscana.

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Un controllo in una confezione cinese (archivio)

PRATO. Più della metà dei lavoratori clandestini trovati durante i controlli nelle aziende toscane (il 63,08%) lavorano a Prato: nei primi sei mesi dell’anno sono stati 135 e rappresentano addirittura il 15,77% di quelli trovati in tutta Italia. Questi numeri sono contenuti nel bilancio semestrale della Direzione territoriale del lavoro, dal quale arriva la conferma di un altro fenomeno di cui si sono occupate le cronache: cresce il numero di senegalesi, pachistani e cingalesi impiegati in aziende cinesi, ma spesso sono impiegati al nero e ricevono stipendi molto inferiori rispetto agli operai cinesi.

I numeri. Nei primi sei mesi dell’anno la Direzione territoriale del lavoro ha eseguito 488 ispezioni (lo 0,62% del totale nazionale) e nel 79% dei casi sono state accertate irregolarità, vale a dire quasi il 20% in più del dato nazionale che si ferma al 61,23%. Nel primo semestre del 2016 i lavoratori al nero individuati sono stati 504, quelli senza permesso di soggiorno 135. Il fatto che quest’ultima cifra rappresenti quasi il 16% del dato italiano fa sorgere semmai qualche domanda sull’efficacia dei controlli nelle altre province.

Stipendi “etnici”. Qualche caso era già emerso e ora trova conferma ufficiale: i lavoratori stranieri non cinesi impiegati nelle aziende a conduzione cinese, spiega la Direzione territoriale del lavoro, percepiscono un salario “notevolmente inferiore anche alle retribuzioni corrisposte agli stessi lavoratori cinesi”. La differenza si spiega solo in parte con lo stato di clandestinità, perché anche molti operai cinesi sono privi del permesso di soggiorno.

Il Tirreno ediz.Prato,06/09/2016

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