Storico monastero buddista nel Tibet affronta crescenti restrizioni
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Dharamshala (India): La Cina sta pianificando la demolizione di residenze in uno dei più grandi monasteri buddisti al mondo che si trova nel Tibet Orientale perché secondo le autorità la comunità ha bisogno di una “guida ideologica”.
L’ordine del governo è stato emesso dal governo della contea di Serta al monastero di Larung Gar e richiede alla popolazione del monastero un taglio di 10.000 monaci, monache e laici fino a soli 5.000 entro Settembre 2017.
L’istituzione sarà anche costretta di accettare una gestione congiunta con il governo, un regolamento simile a quello imposto a molti altri monasteri tibetani.
Secondo i report cinesi, queste nuove restrizioni sono state implementate in quanto le dimensioni della comunità creano preoccupazioni di sanità e sicurezza ed anche a causa di potenziali rischi incendio.
Secondo una dichiarazione emessa da Human Rights Watch, “le autorità cinesi non dovrebbero determinare la grandezza dei monasteri ne di qualsiasi altra istituzione ma dovrebbero accettare che il concetto di libertà religiosa significa lasciare le persone libere di decidere per se stesse anche sulle pratiche religiose. Se davvero le autorità credono che le strutture di Larung Gar sono sovraffollate, allora dovrebbe semplicemente permettere ai tibetani e ad altri buddisti di costruire più monasteri”.
La Costituzione cinese richiede allo stato di garantire libertà di religione, ma ha sempre minato questo diritto. Sin dall’occupazione del Tibet, la Cina ha chiuso svariati monasteri tibetani, imprigionato migliaia di monaci e censurato immagini di Sua Santità il Dalai Lama.
Nel marzo del 2010, il Leader Spirituale Tibetano aveva affermato che la Cina deteneva monaci e monache deprivandoli dell’opportunità di studiare e praticare in pace ed ha anche accusato la Cina di aver tentato di annichilire deliberatamente il Buddhismo.
Le autorità si sono anche scontrate con le chiese cristiane nel sud-est cinese ed hanno implementato restrizioni nella comunità musulmana dello Xinjiang.
Sophie Richardson (Human Rights Watch) ha aggiunto: “L’ordine di demolire cosi tanto del monastero di Larung Gar è un passo indietro nella politica del governo sulla religione. Imponendo una richiesta così rigida su un monastero così illustre, il governo allarme sempre di più le istituzioni religiose di tutta la Cina.”
Nel 2002, il governo avevano già tentato di ridurre le dimensioni della comunità attraverso la distruzione di case ma l’incidente era stato reso pubblico anche sul piano internazionale causando imbarazzo per la Cina. Da allora, la comunità è cresciuta senza ulteriori interferenze.
Le autorità cinesi avevano già menzionato il problema nell’Agosto scorso ordinando all’istituto buddista di mettere dei controlli nelle iscrizioni e mettendo agli arresti domiciliari forzati circa 1000 monaci che studiavano al monastero.
La struttura fu iniziata da Khenpo Jigme Phuntsok come centro per coloro che disseminavano informazioni sull’ “esilio di forze separatiste”.
Khenpo Jigme Phuntsok era un maestro tibetano buddista altamente rispettato, e fondò il monastero che ospitava 10.000 studenti, principalmente di monaci, monache, praticanti tantra e laici che prendono il voto. Gli studenti non venivano solo da Serta e altre regioni Tibetane ma anche dalla Cina, Singapore, Hong Kong, Taiwan, e altri posti. L’istituto ha giocato un ruolo importante nel far rivivere l’insegnamento del Buddhismo Tibetano a seguito della liberalizzazione delle pratiche religiose in Cina nel 1980.
Dopo aver incontrato Sua Santità il Dalai Lama durante il suo tour in India a metà degli anni 90, Khenpo divenne un target per le autorità Cinesi. Successivamente, nel 1999 le autorità gli ordinarono di ridurre gli allora 8.800 studenti al numero permesso di 1400 che lui ha rifiutato. Khenpo morì il 6 Gennaio del 2004 in un ospedale nella città di ChengDu, nella provincia del Sichuan all’età di 72 anni. L’Istituto è rimasto il simbolo degli studi buddisti tibetani nella contea.
The Tibet Post, 10 giu 2016
Traduzione: E.R. Laogai Research Foundation Italia ONLUS
English article, The Tibet Post:
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