La “talpa” cinese dei campi di lavoro scappa, promette di intentare causa

Liu Hua, un’ex detenuta di un noto campo di lavoro in Cina, lunedì è scappata dalla propria casa. In seguito alla carcerazione nel centro di detenzione di Shenyang, capitale del Liaoning, le erano stati concessi gli arresti domiciliari.

Il crimine commesso era collegato al ruolo chiave da lei assunto in un documentario che mostrava gli abusi nel campo di lavoro femminile di Masanjia, nella provincia nordorientale del Liaoning.

Nella foto Liu Hua photo.

Ma lunedì è riuscita a scappare a Beijing dove ha incontrato il regista del documentario “Oltre le teste dei fantasmi: le donne del campo di lavoro di Masanjia” (“Above the Ghosts’ Heads: The Women of Masanjia Labor Camp”).

In un’intervista a RFA (Radio Free Asia), Liu ha detto di voler rinnovare la sua protesta nei confronti delle autorità di Beijing a causa dei maltrattamenti subiti nel corso dei tre anni che ha trascorso all’interno del campo di Masanjia per la “Rieducazione delle Donne Attraverso il Lavoro”. Liu inoltre non ha esitato ad accusare il governo il quale nell’ultimo mese di prigionia aveva trattenuto illegalmente la donna nel tentativo di punirla per la divulgazione di informazioni scomode.

L’ex detenuta ha poi sostenuto che le autorità volevano mascherare l’accaduto e fingere che nulla di quello che era avvenuto a Masanjia fosse vero; la polizia l’ha interrogata più volte riguardo alle torture di cui sono stati accusati nel documentario, diretto da Du Bin, e al suo tentativo di presentare una mozione al parlamento cinese insieme ad altre 20 ex detenute di Masanjia.

TORTURA E ABUSI

Le ex detenute hanno fornito un resoconto dettagliato del regime di abusi e torture a cui erano sottoposte quotidianamente: mancanza di cure mediche, straordinari estenuanti, e se considerate un problema, le autorità potevano decidere, senza alcun processo, di rinchiuderle fino ad un periodo di quattro anni.

Nel documentario Liu descrive come le guardie del campo picchiassero le donne con dei bastoni elettrici per provocare degli shock: appoggiavano il bastone sul petto e versavano il peperoncino nelle loro vagine oppure le collocavano su diversi strumenti di tortura come il “Letto della Morte” e “La Panca della Tigre”.

Nonostante la polizia durante l’interrogatorio continuasse a negare di aver perpetrato certi abusi a Masanjia e accusasse il documentario di falsità, il regista Du ha difeso il contenuto. “Mi piacerebbe dire alla polizia della provincia del Liaoning che ho intervistato 30 vittime che mi hanno raccontato direttamente delle angherie subite a Masanjia. Ma le autorità non hanno mai provato a chiedere conferma alle ex detenute che costituiscono comunque una testimonianza vivente” ha detto Du.

I PROBLEMI CONTINUANO

Le ferite alle gambe causate dalle torture e dagli abusi per mano delle guardie di sicurezza di Masanjia ancora affliggono Liu. “La mia gamba non è dritta. Ciò vuol dire che non posso salire né gradini o scale” ha riferito Liu a RFA.

Liu comunque vuole continuare la sua causa contro l’ex centro di Masanjia per la Rieducazione delle Donne Attraverso il Lavoro che è stato tramutato in una struttura di riabilitazione per i tossicodipendenti.

Amnesty International ha sostenuto che Liu Hua sta offrendo un prezioso contributo per lo sviluppo dei diritti umani in Cina attribuendole il merito di aver diffuso maggiormente la questione delle vittime nei campi di lavoro.

Il sistema punitivo dei centri per la “rieducazione attraverso il lavoro” era stato ufficialmente abolito alla fine dello scorso anno. Ma le vittime che cercano di avere un compenso sono ancora perseguite dalle autorità.

Il 28 Dicembre 2013 L’Assemblea Nazionale del Popolo cinese ha decretato la fine del sistema punitivo conosciuto come Laojiao a cui hanno fatto seguito manifestazioni e azioni politiche di avvocati, ex detenute e attivisti dei diritti umani.

Tuttavia gli avvocati e le famiglie delle ex detenute hanno purtroppo rivelato che gli ex poliziotti, un tempo guardie del campo di lavoro di Masanjia, sono ancora in servizio. Così come alla struttura è stato semplicemente affibbiato un altro nome, anche le ex guardie hanno adottato nomi diversi, ma coloro che vengono reputati un problema, continuano tuttora ad essere trattenuti senza che venga dato loro il diritto di essere sottoposti ad un processo.

Radio Free Asia, 22/04/2014

English version:

Chinese Labor Camp Whistleblower Escapes, Vows to Pursue Lawsuit

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