Tibet : La Soluzione Finale
Reprimere
Nei mesi scorsi decine di manifestazioni sono state represse nel sangue. Centinaia di tibetani sono caduti sotto il fuoco delle truppe di occupazione e migliaia di rivoltosi sono stati prima arrestati e poi sistematicamente torturati.
Nei monasteri sono riprese ,con maggior vigore, le sessioni di ³rieducazione patriottica² durante le quali i religiosi sono costretti ad abiurare sottoscrivendo una dichiarazione di fedeltà al regime.
Le nostre fonti ci riferiscono che in tutto il Tibet vige ormai la legge marziale ed i controlli si sono fatti asfissianti. I reparti speciali cingono d’assedio le città che hanno guidato la rivolta in primavera ed hanno avuto l’ordine di sparare su ogni assembramento ³ostile².Da alcuni centri si esce ,dopo il coprifuoco,soltanto con uno speciale permesso rilasciato dalle autorità comuniste. Sappiamo inoltre per certo che nei territori occupati stazionano oltre 250.000 militari e che in alcune località il numero di effettivi dell’Esercito di Liberazione Popolare supera ormai di gran lunga il numero dei residenti.
Le truppe si sono accampate nelle periferie e per il momento si limitano ad intimidire la popolazione sfilando a passo di marcia nelle principali vie cittadine ,ma sono ormai pronte ad entrare in azione.
E a partire dal mese di Ottobre ,come prevede una direttiva emanata prima dei Giochi Olimpici ,stroncheranno sul nascere ogni nuova manifestazione di dissenso e riprenderanno il controllo del territorio.
Assisteremo così a nuove stragi ,alla deportazione dei rivoltosi,a nuovi processi farsa che condanneranno a decine di anni di gulag i giovani insorti,alla fuga di quanti cercheranno di mettersi al riparo dalla furia omicida della polizia politica.
Emarginare
I coloni,indottrinati dal regime,considerano i tibetani ³ingrati selvaggi²ai quali si devono affidare solo i lavori più umili e sottopagati. Per molti cinesi gli indigeni sono ³gente infida² che deve essere tenuta ai margini della società.
Ne consegue che oggi tra i giovani tibetani il tasso di disoccupazione raggiunge ormai l’80%. E se anche riescono a trovare un lavoro la loro retribuzione è mediamente inferiore del 40% a quella corrisposta ai figli dei coloni cinesi.
Disoccupati o con un salario da fame vengono cacciati,con le loro famiglie, dai centri storici delle città per fare posto alle nuove costruzioni ,in perfetto stile ³realismo
socialista²,destinate alla nomenklatura .
Interi quartieri sono stati infatti abbattuti con il pretesto di rendere più salubri gli abitati ed i tibetani sono stati relegati ai margini della società ,deportati in edifici fatiscenti , spesso costretti all’accattonaggio.
In questo contesto da vero e proprio apartheid per chi rimane in città la vita si è fatta impossibile e la maggior parte delle famiglie deve sopravvivere con un redito annuo inferiore ai 200,00 Euro.
L’inflazione ,che ha raggiunto quest’anno livelli record,ha poi falcidiato i già bassi salari riducendo ulteriormente il tenore di vita dei tibetani.
E nelle campagne le cose non vanno certo meglio.
I contadini ed i pastori che non sono ancora stati deportati nei nuovi ³villaggi socialisti²si vedono espropriare la terra in cambio di indennizzi simbolici che spesso non vengono nemmeno corrisposti.
Tra i tibetani il tasso di alfabetizzazione è crollato in quanto le famiglie non sono più in grado di pagare gli studi ai figli.
L’assistenza sanitaria è garantita solo a quanti possono pagare cure e medicinali che hanno costi proibitivi per gli autoctoni.
La previdenza semplicemente non esiste.
Rieducare
Nel Tibet occupato, nonostante gli sforzi della propaganda di regime e l’imbarbarimento della vita quotidiana, la religiosità è ancora diffusa ed alimenta la rivolta contro l’occupante.
I monasteri, nonostante l¹asfissiante controllo poliziesco, continuano a promuovere una cultura antiautoritaria inconciliabile con la dottrina comunista e alimentano la resistenza nonviolenta alla dominazione coloniale cinese. Negli ultimi mesi abbiamo quindi assistito ad una ondata di arresti, detenzioni arbitrarie, esecuzioni sommarie che nelle intenzioni di Pechino avrebbero dovuto definitivamente sradicare la cultura tradizionale tibetana.
Tra le mura dei monasteri, lontani da sguardi indiscreti, i fanatici propagandisti del regime cercano di soffocare, con una vera e propria ³campagna di rieducazione², la sovversiva vitalità dello spirito buddhista. Il Partito ha costituito ³gruppi di lavoro² che hanno il compito di ³educare al patriottismo² e di ³estirpare le radici del separatismo² (e quanti non seguono con regolarità le sessioni di rieducazione o si rifiutano di sottoscrivere l’abiura vengono cacciati dalle istituzioni monastiche).
Quelli che sono riusciti a fuggire, percorrendo a piedi intere catene montuose, ci descrivono un clima di terrore paragonabile solo a quello instauratosi negli anni della famigerata³rivoluzione culturale².
Il solo possesso di una fotografia del Dalai Lama comporta oggi l’arresto o, nella migliore delle ipotesi, l’espulsione dal monastero.
Sono state anche decise misure ancora più restrittive per limitare l’influenza dei centri religiosi imponendo un assoluto divieto ai minori di 18 anni di accedere all’educazione religiosa , cacciando i monaci più anziani detentori di una inestimabile saggezza.
I commissari politici del Partito Comunista Cinese hanno poi infiltrato loro agenti nelle comunità religiose con il compito di controllare ogni momento della vita quotidiana dei monaci. E quando i gerarchi non riescono con questi mezzi cosi convincenti a ³normalizzare² la vita del monastero, procedono semplicemente alla sua distruzione. Infatti tutti i luoghi di culto ³non autorizzati² possono essere rasi al suolo in qualsiasi momento senza nemmeno una comunicazione preventiva. Ma se nel caso dei monasteri, da sempre centri di contropotere, è² comprensibile² il furore repressivo, nel caso degli asceti solo l’isteria di qualche burocrate può invece spiegare l’accanimento con cui si infierisce su questi praticanti. Di recente ho appreso dal Dalai Lama che molti asceti hanno dovuto lasciare i ritiri montani in quanto non erano in grado di pagare la nuova tassa di ³occupazione di caverna²(sic!). E, dato che non intendevano continuare la loro pratica meditativa nelle galere cinesi, hanno cercato rifugio in località ancora più remote nella speranza di sfuggire all’arresto per ³morosità².
Deportare
Il Partito Comunista Cinese si è interrogato sulle ragioni che hanno spinto i nativi alla rivolta ed è giunto alla conclusione che senza una radicale riorganizzazione del territorio non è possibile cancellare l¹identità nazionale tibetana .
Cultura tradizionale e religiosità diffusa si possono estirpare soltanto se si cambia radicalmente la vita quotidiana di pastori e contadini, se li si allontana definitivamente dalle terre d¹origine concentrandoli in aree dove sia possibile la ³ricostruzione controllata² di una identità finalmente compatibile con lo sviluppo socialista.
Nei mesi scorsi è stato così emanato un provvedimento che impone ai pastori nomadi ed ai contadini di trasferirsi , a loro spese, nei ³gulag² realizzati in zone facilmente controllabili dalle forze di sicurezza cinesi.
Dalle prime immagini dei confortevoli loculi (3 metri x 4, privi di elettricità e di acqua potabile, ma sui quali sventola la rossa bandiera del PCC !) deduciamo che si avvicina ormai la soluzione finale della questione tibetana.
Infatti accanto alle nuove ³abitazioni² non c¹è spazio per greggi ed armenti ed i tibetani sono quindi costretti a svendere bestiame ed animali da cortile ,loro unica fonte di sostentamento , prima di ³trasferirsi²nei nuovi campi di concentramento.
Inoltre la baracca viene loro venduta a prezzi esorbitanti ed il ricavato della vendita del bestiame potrà forse servire per versare un piccolo acconto, ma per saldare il debito dovranno chiedere un prestito ad una banca cinese; prestito che difficilmente potranno mai restituire.
Indebitati e disoccupati finiranno così per essere arrestati per morosità .
Mentre chi avrà osato sfidare l’ingiunzione governativa si vedrà radere al suolo la vecchia abitazione .
E questo è solo l’inizio della deportazione di tutti i pastori, di tutti i contadini che ancora vivono nelle campagne del Tibet.
Se l’esperimento avrà successo presto sorgeranno ovunque ³insediamenti moderni²dove i nativi verranno² invitati² a trasferirsi pena l’arresto ed il sequestro di tutti i beni.
2.500.000 di tibetani,oltre un terzo della
popolazione,rischiano quindi la deportazione !
Ma nessuno ormai osa più denunciare i crimini commessi dalla cricca al potere e lo stesso Governo Tibetano in Esilio evita con cura di informare il mondo libero sulle deportazioni in atto.
Dopo l’inaugurazione della ferrovia ,che ha già portato in Tibet decine di migliaia di nuovi coloni,oggi assistiamo impotenti alla più grande deportazione di massa dai tempi di Stalin.
Claudio Tecchio
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