Tibetano viene rilasciato dopo due mesi e obbligato a tacere sulle terribili condizioni detentive.

È avvenuto il 6 agosto il rilascio di Pasang Wangchuk, un tibetano di 37 anni che in meno di un anno è stato già arrestato due volte.

L’uomo, padre di tre figli, è venuto meno ad un’imposizione delle autorità, le quali avevano proibito categoricamente ogni festeggiamento in onore del compleanno del Dalai Lama.

Il giorno prima del grande evento infatti, Wangchuk si è presentato in pubblico mostrando il suo migliore abito tibetano tradizionale e ha bruciato del ginepro in segno di augurio di lunga vita per Sua Santità in esilio.
Tuttavia, ciò che desta maggiore preoccupazione sono le condizioni poste al rilascio, le quali prevedono l’impossibilità, per il giovane, di riportare qualsiasi informazione circa il trattamento riservatogli durante il periodo detentivo, minacciano, in caso di violazione, severe punizioni.

Wangchuk ha fatto esperienza della medesima sventura anche lo scorso ottobre, quando finì dietro le sbarre per aver protestato da solo, nel mercato di Kardze, contro l’impossibilità del Dalai Lama di tornare in patria. Il seguente rilascio, avvenuto ad un mese di distanza, prevedeva anche la costate sorveglianza della autorità sui suoi atteggiamenti futuri.
La prefettura di Kardze è solita a questo tipo di proteste da parte dei credenti tibetani, i quali cercano disperatamente di far valere l’importanza e il riconoscimento della loro identità e del loro nazionalismo, tanto osteggiato da Pechino.

Purtroppo, date le delicatissime circostanze, non sappiamo con certezza se Wangchuk abbia subito torture in prigione come la maggior parte degli attivisti detenuti in Cina.

Quel che è certo invece, è che il 7 agosto, ovvero subito dopo la liberazione dell’attivista, le autorità hanno fatto irruzione nella residenza del monaco tibetano Sonam Yangphel, sequestrando foto e libri riguardanti il leader in esilio.
Sonam Yangphel è in carcere dal 26 novembre dello scorso anno per aver condotto da solo una protesta nel centro della contea di Sershul, durante la quale indossava una sciarpa bianca e portava con se un ritratto di Sua Santità, chiedendo il ritorno di questi nella terra natia.

I suoi parenti lo hanno visto svolgere i lavori forzati all’interno del centro detentivo, tuttavia non è stato possibile per loro fargli visita e non vi sono attualmente informazioni sulla sua condanna.

Pechino investe da sempre un enorme dispendio di energie per non far trapelare quanto accade nelle prigioni rosse, ma la realtà inizia ad essere portata a galla e proprio in questi giorni, un articolo contenente le illustrazioni delle orribili torture che vengono praticate dalla polizia cinese stanno facendo il giro del mondo e possiamo considerarla una piccola rivincita anche per Wangchuk.

Radio Free Asia,10/08/2015

M.R. Laogai Research Foundation

English article,Radio Free Asia:

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