Tra Cina e Giappone scoppia la «guerra di nervi»
Fino a che punto si spingeranno? La guerra di nervi tra Cina e Giappone – scoppiata dopo l’arresto del capitano di un peschereccio cinese lo scorso 7 settembre, colpevole di avere speronato due motovedette giapponesi nel Mar della Cina orientale – si arricchisce ogni giorno di un nuovo, inquietante, capitolo. Dopo la decisione di Pechino di congelare i contatti con il vicino a livello ministeriale, ieri è stata la volta del quotidiano ufficiale Global Times tuonare che la Cina «dovrebbe avere una serie di piani per rispondere al Giappone, combattendo una battaglia diplomatica fatta di successive rappresaglie». “Rappresaglia” qui è la parola chiave. Che richiama alla mente le recenti prove di forza tra le due nazioni. Nel 2001 l’allora premier giapponese Koizumi visitò il tempio Yasukuni, dove si onorano gli “eroi” di guerra nipponici: per la Cina fu uno schiaffo. Per anni non si registrò alcuna visita di un leader tra i due Paesi. Nel 2005 violente proteste anti-Giappone dilagarono nelle città cinesi, con tanto di boicottaggio dei prodotti nipponici. A “incendiare” i rapporti tra Cina e Giappone è ancora una volta la questione delle isole Senkaku (per il Giappone), Diaoyu (per la Cina), che si presume ricchissime di gas e petrolio. Tokyo le considera parti del proprio territorio. Altrettanto fa Pechino, per la quale appartengono alla Cina fin dai tempi della dinastia Ming (1368-1644). L’interrogativo che inquieta l’intera cintura dei Paesi asiatici è uno: fino a che punto la Cina può spingersi per tutelare quello che è una sorta di dogma della sua politica nazionale, vale a dire l’integrità territoriale? «Se i cinesi saranno coinvolti in uno scontro navale con la flotta giapponese – spiega l’analista Bahukutumbi Raman –, dilagherà la paura nell’intera regione asiatica. Oggi il confronto è con il Giappone nel Mar Cinese orientale. Domani, potrebbe essere con il Vietnam e le Filippine nel Mar Cinese meridionale. Il giorno dopo, in Arunchal Pradesh, con l’India». Sta di fatto che il Giappone sta rivedendo le sue forze di auto difesa, originariamente pensate per un contenimento dell’Unione sovietica, orientandole contro la “minaccia” cinese. L’escalation può compromettere le economie dei due Paesi. Il territorio cinese è 26 volte quello del Giappone, la sua popolazione 10 volte più numerosa. Ma è anche vero che il Pil pro capite in Cina è di appena 3.680 dollari, il 10 per cento di quello nipponico. Se la Cina ha superato il Giappone come seconda potenza economica mondiale, resta oggi il principale partner commerciale di Tokyo. Lo stesso miracolo economico cinese non sarebbe mai avvenuto senza Tokyo.
Fonte: Avvenire.it, 21 settembre 2010
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