Tra Usa e Cina un confronto in guanti bianchi

Anche solo a guardare la mappa del suo itinerario, il presidente Usa Barack Obama sembra avere tracciato un giro intorno al convitato di pietra del suo viaggio in Asia, la Cina. Nei suoi dieci giorni nel continente Obama è stato in India, Indonesia, per muoversi poi verso Sud Corea e Giappone, una mezzaluna che ha sfiorato Pechino. Quella è la capitale che l’anno scorso di questi tempi sembrava dovesse essere il co-protagonista del G20 con Washington. Certo le delicate regole della diplomazia internazionale imponevano che Obama non potesse tornare a Pechino mentre in questi 12 mesi il collega cinese Hu Jintao non aveva restituito la visita. Inoltre ci sono questioni di opportunità politica che imponevano queste tappe. L’America non può mettere tutte le sue carte politiche regionali nel paniere cinese, rischiando di alienarsi gli altri Paesi timorosi di restare schiacciati dall’abbraccio sino-americano. Inoltre, c’erano problemi di date e opportunità. Proprio mentre Obama veniva in Asia, Hu la lasciava e volava in Europa, per una visita in Francia e Portogallo. Ma queste paiono solo ragioni formali. Infatti c’è stato il problema vero che le due diplomazie hanno avuto difficoltà a organizzare il viaggio di Hu in America, e questo viaggio è stato rinviato e si è arrivati a fissarlo solo per la metà del gennaio prossimo. Le difficoltà a concordare le date sono arrivate per problemi veri. Le pressioni americane per la rivalutazione dello yuan cinese si sono scontrate contro la dura resistenza di Pechino. Né la Cina ha diminuito il suo attivo commerciale con gli Usa, grande motivo di polemica politica a Washington. Contemporaneamente, c’è stata una lunga serie di frizioni politiche e strategiche su molti settori. Sul clima Cina e Usa non si sono accordati, sull’affondamento della corvetta sudcoreana a marzo da parte di Pyongyang Pechino e Washington non erano in linea. Tutto questo poi mentre la vecchia spina dei diritti umani tornava a dolere, con la condanna cinese e quindi il Nobel per la pace norvegese a Liu Xiaobo, e poi lo scontro alla fine appena rabberciato intorno alla vicenda Google in Cina. Queste frizioni erano il retroterra delle polemiche velenose iniziate questa estate intorno ai confini marittimi della Cina, confini intorno a cui l’America aveva cominciato a premere da varie direzioni. Il viaggio di Obama oggi scombina ulteriormente le carte. Gli Usa hanno compiuto aperture importanti verso l’India, contrappeso demografico e forse in futuro anche economico della Cina. Washington ha accettato in linea di principio la dottrina di difesa indiana, che prevede la possibilità di un contrattacco limitato ma molto forte contro il Pakistan in caso di attentato terroristico in India sostenuto da Islamabad. Il placet americano e il silenzio pachistano, se pure tra i mugugni, indicano un appoggio forte politico, strategico e quindi anche economico all’ascesa di New Delhi. Tale ascesa è stata sottolineata dall’appoggio espresso da Washington per un posto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per l’India. Contro questa ipotesi ha già strillato il Giappone, escluso da anni per le sue ambizioni diplomatiche alle Nazioni Unite. Ma certo il gesto non era mirato contro Tokyo bensì va oggettivamente a rintuzzare le ambizioni della Cina in Asia. Né però la Cina resta con le mani in mano. Nei giorni scorsi Hu ha raccolto dal presidente francese Nicolas Sarkozy l’appoggio per una conferenza l’anno prossimo su un nuovo ordine economico mondiale. Siamo ben lontani da un patto franco-cinese per la moneta mondiale, ma certo ciò è più di una semplice puntura di spillo contro la perdurante egemonia del dollaro come moneta internazionale. In tale situazione comunque è difficile pensare a una rotta di collisione tra Usa e Cina incastrate l’una dentro l’altro da una fitta trama di crediti e debiti, investimenti e collaborazioni. Infatti Obama e Hu stanno preparando un piatto forte per il prossimo vertice a Washington. L’ideologo principe del Paese, Zheng Bijian, sta organizzando una conferenza per le energie pulite in coincidenza della visita di Hu, e Hu aprirà i lavori. Le energie pulite hanno un contenuto molto delicato, molte sono duali, con utilizzo civile e negli armamenti, e se cominciasse davvero una collaborazione militare tra le due parti anche il viaggio di Obama di oggi andrebbe visto sotto una luce diversa.

Fonte: La Stampa, 11 novembre 2010

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