Usa e Cina,il mondo si gioca il futuro
C’è un articolo uscito lo scorso ottobre sul People’s Daily a Pechino che ha colpito l’immaginazione di Barack Obama a pochi giorni dalla visita di stato a Washington del Presidente cinese Hu Jintao. L’articolo è di Dai Bingguo, un consigliere di stato, l’uomo di punta per la sicurezza del paese dal punto di vista della politica estera. In quell’articolo, ben 14 pagine, Dai Bingguo riafferma l’approccio dell'”ascesa pacifica” per la Cina. Non è una posizione nuova. Trova radici nella massima di Deng Xiaoping, quella di evitare il confronto nel momento in cui la Cina cercava lo sviluppo economico e la stabilità applicando le “Quattro Modernizzazioni” (agricoltura, industria, scienza e tecnologia, difesa) ideate negli anni 60 da Zhou Enlai (Ciu En-Lai). Allora, e parliamo del dicembre del 1978, la Cina partiva da zero. Era una potenza nucleare, ma non contava sul piano industriale, commerciale, finanziario. L’obiettivo era quello di diventare una grande potenza economica all’inizio del XXI secolo. Ma ora? Ora che la Cina ha superato le migliori aspettative dei suoi padri, continuerà a valere il principio dell'”ascesa pacifica”. «Gli obiettivi sono raggiunti. Il sorpasso dell’America avverrà fra soli otto anni. L’impatto di questo cambiamento sulle strutture portanti dell’economia mondiale e della politica ancora non lo possiamo immaginare», sottolinea l’economista di Harvard Dale Jorgensson.Ci sarà dunque un passaggio al “confronto”? «Credo che le affermazioni di Dai Bingguo definiscano in modo incontrovertibile l’approccio di questa leadership alla politica estera in genere e a quella nei confronti degli Stati Uniti in particolare: resta il principio di un’ascesa pacifica». Chi parla è Tom Donilon, uno dei più ascoltati consiglieri per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca. Sarà lui insieme al Presidente e al segretario Hillary Clinton a cenare martedì sera con Hu e due suoi consiglieri. Quella cena a sei, super-ristretta, prima del vertice formale di mercoledì e del pranzo di stato, sarà forse l’evento più importante di questo vertice. Hu Jintao arriverà mercoledì nel tardo pomeriggio a Washington. Sarà accolto all’aeroporto dal vicepresidente Joe Biden, ma poi si recherà subito alla Casa Bianca per questa cenetta «informale, intima, dove si potrà parlare a ruota libera», come ha detto Donilon in un briefing preparatorio al summit. Si cenerà nella Old Family Room della Residenza presidenziale, subito di fianco alla sala per i pranzi di stato, una sala piccola e molto accogliente. Il tema della conversazione fra i due presidenti: come si svilupperà la relazione fra i due paesi nei prossimi 15-20 anni. Nel periodo successivo al sorpasso economico dunque. Nelle acque sconosciute del post-dominio americano. E al di là delle mille polemiche su cambi, proprietà intellettuale, diritti civili, caccia invisibile, l’atteggiamento americano resta dunque di apertura. Lo stesso Tim Geithner, il segretario al Tesoro, che mercoledì scorso aveva avviato la lista di lamentele nei confronti di Pechino in particolare sui rapporti valutari, ha già cambiato timbro. Durante il suo intervento preparatorio di venerdì ha puntualizzato che la rivalutazione dello yuan entro la prima metà del 2012 potrebbe essere del 20% «e questo sarebbe un cambio materiale davvero sostanziale», ha aggiunto cogliendo di sorpresa chi si aspettava nuove dichiarazioni bellicose sulle «mancate responsabilità cinesi».
Ha poi spiegato l’importanza di tenere conto dell’inflazione nell’equazione cambio: «Da quando hanno cominciato il movimento contro il dollaro lo scorso giugno, l’apprezzamento dello yuan è stato del 3%, vale a dire il 6%, ma forse anche il 7-8% su base annuale, ma se teniamo conto dell’inflazione che in Cina accelera molto di più che negli Stati Uniti, la misura più accurata dell’apprezzamento dello yuan è oggi più vicina al 10% all’anno». L’ultima volta che la Cina ha avviato un processo di rivalutazione dello yuan, il movimento sul dollaro fu di nuovo del 20% , «un cambiamento davvero significativo – ha detto Geithner – ed è importante riconoscere che avverrà di nuovo. L’unico interrogativo riguarda il metodo: sarà attraverso l’inflazione o attraverso il tasso di cambio?». Geithner risponde a se stesso: sarebbe meglio attraverso il tasso di cambio. «È nell’interesse della Cina agire più sul tasso di cambio che sull’inflazione. Se rifiutano di riflettere il loro tasso di crescita nel tasso di cambio, il rischio sarà quello di registrare ancora più inflazione». Ma lo sviluppo importante, conclude Geithner – e non c’è dubbio che questa osservazione sarà ripresa dal presidente Obama – «è che le aziende americane potranno rivedere le loro strategie di esportazione a loro favore. E questo è uno sviluppo positivo». Il vento della retorica sino-americana su due componenti centrali, la cooperazione pacifica e l’annoso rapporto dei cambi, è dunque già cambiato rispetto ai giorni scorsi. Spira nella direzione positiva. Sul tavolo mercoledì ci saranno quattro panieri: i meccanismi operativi della cooperazione; la collaborazione politica, Corea del Nord, Iran e programmi nucleari in testa; le questioni economiche oltre al cambio, tutela degli investimenti, apertura commerciale, eccetera. Il quarto riguarderà i diritti umani: sarà il paniere su cui si farà meno progresso. E forse per questo è in fondo alla lista. Se la Cina è cambiata su tutto, non è cambiata nell’esprimere tolleranza, l’ingrediente chiave di una grande potenza. Il 5 dicembre del 1978 Wei Jingsheng, un’ex guardia rossa, aggiunse un quinto elemento ai quattro enunciati per la modernizzazione: la democrazia. Scontò 15 anni di prigione, oggi subirebbe la stessa pena. L’incertezza “democratica” resta. Ed è la vera “ombra lunga” sulla promessa cinese di “Ascesa Pacifica”.
Fonte: Il sole 24 ore, 17 gennaio 2011
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